CRISTINA RUFINI
Cronaca

Pitigliano, i due piloti americani salvati e nascosti durante la guerra. La figlia dagli Stati Uniti per dire grazie

Gli aviatori americani dell’Air Forces precipitarono nelle campagne maremmane il 21 ottobre 1943. Laura Lion Beeler ha cercato sui social chi aiutò il padre John a sfuggire ai rastrellamenti nazisti. Rintracciata la nipote di Tullio Mearelli che soccorse e accolse per otto mesi i due militari

John R. Lion, uno dei due piloti americani salvati a Pitigliano durante la Seconda guerra mondiale

John R. Lion, uno dei due piloti americani salvati a Pitigliano durante la Seconda guerra mondiale

Pitigliano (Grosseto), 20 giugno 2025 – L’altro volto della guerra. Quello che nessun grido di odio o lotta di parte possono distruggere se ce l’hai dentro: l’umanità. Anche per chi potrebbe essere un nemico. Non lo sai quando decidi di prestare soccorso: sono frazioni di secondo in cui scegli di mostrare il volto umano. La famiglia di Pitigliano non ci ha pensato un secondo non solo a mettere in salvo, rifocillare, ma anche nascondere dai rastrellamenti nazifascisti che di lì a poco iniziarono, i due piloti americani dell’Usaaf (United States Army Air Forces) che il 21 ottobre del 1943 precipitarono nelle campagne tra Sorano e Pitigliano, in località Cantinaccia, dopo essersi scontrati in volo (siamo nell’ambito della battaglia per distruggere la Linea Gustav allestita dai tedeschi), per sfuggire all’inseguimento dei caccia tedeschi.

I due piloti erano entrambi alla guida di due bimotori Lockeed P-38, i famosi ’diavoli a due code’, che ricorderà chi ha vissuto gli anni terribili della seconda guerra mondiale. I due piloti dell’Usaaf, Junior H. Dowing e John R. Lion riuscirono a lanciarsi con il paracadute e finirono nelle campagne di Pitigliano. Uno lievemente ferito, l’altro senza neanche un graffio. Lì furono raccolti, aiutati, curato il ferito, e rifocillati dalla famiglia di Tullio Mearelli. Così riuscirono a sfuggire alla cattura.

I due aviatori furono nascosti per otto mesi. In un casolare della famiglia, e poi in una grotta poco distante, quando iniziarono i rastrellamenti nazifascisti di casa in casa. Otto lunghi mesi in cui si creò un legame profondo tra i piloti e i loro salvatori. Addirittura per non dare nell’occhio, spesso a portare loro i viveri andava uno dei componenti più piccoli della famiglia. I due piloti americani, con il passaggio del fronte, riuscirono poi a riunirsi alle truppe alleate a giugno del 1944.

La lettera partita da Pitigliano e spedita negli Stati Uniti
La lettera partita da Pitigliano e spedita negli Stati Uniti

Ma quei mesi sono rimasti impressi nelle loro menti e nelle menti dei pitiglianesi che li salvarono. Tanto che poco meno di tre anni dopo, il 20 febbraio del 1946 Tullio Mearelli, a guerra finita, sente la necessità di scrivere a uno dei due piloti, John Lion. “Dopo alcuni mesi dalla fine della guerra – scrive Mearelli in una bella calligrafia – eccomi a voi per salutarvi caramente insieme alla mia famiglia e per chiedervi vostre notizie. Io e la mia famiglia stiamo bene - aggiunge - la vita in America non è certo come nella misera Italia.. noi ci dobbiamo accontentare... saluti da tutti gli amici di Pitigliano”.

Non sappiamo ancora se c’è stata una risposta e se sono seguite ulteriori lettere. Sappiamo però che la figlia di John Lion, Laura Lion Beeler, ha trovato la lettera e ha cercato la famiglia pitiglianese per ringraziarla del sostegno dato al padre. Per avergli salvato la vita. Ha chiesto aiuto con una breve mail ad Agostino Alberti, del gruppo di appassionati Air Crash Po di Soresina, in provincia di Cremona, tramite Patti Johnson, appassionata ricercatrice americana di Prescott. Da qui si è messa in moto la macchina delle ricerche che di recente ha portato a individuare, a Pitigliano, i parenti di Tullio Mearelli. Una ricerca che si è svolta anche via social, dove la nipote di Mearelli, figlia della figlia Silvana, ha rintracciato il messaggio di ricerca postato su Facebook e ha risposto: “Tullio era mio nonno, Silvana era la mia mamma. Anche lei con il nonno mi avevano raccontato di questo salvataggio a la Cantinaccia”. Il più è fatto. Ora Laura ha espresso il desiderio di volare in Italia per ringraziare la nipote di quell’uomo che non si è voltato dall’altra parte.