
Un'aula di tribunale in una foto di repertorio
Grosseto, 28 luglio 2025 – Si è chiuso con una condanna a un anno e mezzo (sospesa) per maltrattamenti in famiglia per un uomo nei confronti della figlia e l’assoluzione per la madre (ritenuta vittima sua volta delle angherie imposte dal marito) un processo al tribunale di Grosseto.. Nessun addebito all’uomo per quanto riguarda la tragica morte della ragazza 17enne che è deceduta sei mesi dopo essere caduta da una finestra di una struttura protetta (in circostanze non chiare, con dubbi se sia stato un suicidio o una fatalità nel tentativo di allontanarsi) dove era alloggiata in seguito alle sue denunce verso il padre. La vicenda la racconta “Il Tirreno”.
Era il maggio del 2022 quando una ragazza indiana, allora poco più che sedicenne, iniziò una relazione con un giovane pakistano. Una storia osteggiata fin dal principio dal padre della ragazza, un uomo di 45 anni che non ha mai accettato l'idea che sua figlia potesse frequentare un ragazzo "nemico", per ragioni etniche e religiose. Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri, l'uomo aveva reagito con rabbia, imponendo regole sempre più rigide: le aveva tolto il cellulare, l'accompagnava ogni giorno a scuola per impedirle di vedere il fidanzato. Ma non si era fermato lì. Aveva alzato le mani. Due episodi documentati, gravi: il primo quando scoprì la relazione, colpendola con un tubo di gomma sulla schiena, al volto e sui piedi, alla presenza della moglie e del figlio minore. Il secondo, pochi mesi dopo, con una scarpa, sempre su volto e schiena. La ragazza riportò contusioni ed ematomi, con prognosi di sette giorni. Nel secondo caso fu il fidanzato a portarla in ospedale. Lì la giovane raccontò tutto: "I miei genitori mi hanno picchiato", scrisse al ragazzo. Fu allora che scattò la protezione del Tribunale per i minorenni: la ragazza fu trasferita in una comunità, lontana da casa. Un percorso che avrebbe dovuto garantirle sicurezza e futuro, ma alla fine del 2022, la giovane precipitò da una finestra della struttura dove era ospitata. Morì sei mesi dopo, a causa delle ferite riportate.
I genitori sono finiti a processo per maltrattamenti, ma nulla è stato contestato in relazione al decesso: il collegamento tra le violenze e la tragica fine della ragazza non è stato formalizzato in sede giudiziaria. Il padre ha scelto di non difendersi, patteggiando una pena di un anno e mezzo (sospesa), condizionata alla partecipazione a un percorso di recupero presso lo Spazio di ascolto uomini maltrattanti. La madre, invece, è stata assolta: "Il fatto non costituisce reato", ha stabilito il giudice del Tribunale di Grosseto, Giuseppe Coniglio, accogliendo le richieste sia del pubblico ministero Carmine Nuzzo sia del difensore, l'avvocato Roberto Santi Laurini (che ha assistito anche il marito).
Secondo la sentenza, la donna - connazionale del marito - pur consapevole delle violenze, viveva in una condizione di "sottomissione". In almeno un'occasione aveva cercato di fermare il marito, ma era stata a sua volta minacciata. Nell'altra, si era preoccupata di proteggere il figlio minore, sconvolto da quanto stava accadendo. Testimonianze convergenti, vicini che parlano di lividi sul volto della ragazza, conferme del fidanzato, eppure per il giudice manca l'elemento psicologico di complicità: la donna, ha scritto, "temeva per la propria incolumità". Anche lei, in fondo, era vittima di un sistema familiare patriarcale e violento.