LORENZO MANTIGLIONI
Cronaca

Guerra Israele-Iran, l’imprenditrice: gabbia Teheran. “Mancano Internet, soldi e benzina”

L’iraniana Arefi Doost dall’Italia si tiene in contatto con i parenti: i pasdaran impediscono di lasciare la città

Guerra Israele-Iran, l’imprenditrice: gabbia Teheran. “Mancano Internet, soldi e benzina”

Roma, 21 giugno 2025 – Tredici milioni di persone non possono fuggire da Teheran, ostaggi del regime degli ayatollah e sotto i bombardamenti israeliani. È questa una delle sintesi che si possono trarre dalle parole di Parisa Arefi Doost, imprenditrice agricola cinquantacinquenne di origine iraniana che da oltre quarant’anni vive in Italia. “Senza internet le persone sono maggiormente in pericolo. Il governo ha voluto deliberatamente spezzare le comunicazioni e isolare le persone, teme che la popolazione si organizzi e magari insorga contro il regime”. Parisa, così come molti altri suoi connazionali, è stata infatti in stretto contatto con i suoi familiari che vivono nella capitale persiana, fino a quando il governo non ha posto il blocco degli accessi a internet.

Manifestazione a Teheran in cui vengono bruciate le bandiere di Israele e degli usa, nel riquadro Parisa Arefi Doost
Manifestazione a Teheran in cui vengono bruciate le bandiere di Israele e degli usa, nel riquadro Parisa Arefi Doost

Signora Arefi Doost, che cosa le dicevano i suoi parenti nelle prime ore dallo scoppio del conflitto tra Israele e Iran?

“Sono riuscita a parlare con mia cugina che vive nella capitale. Nonostante fossero cominciati i bombardamenti, era lei a pronunciare parole di conforto e a chiedermi di avere coraggio. Ovviamente, tra noi iraniani, c’è una sorta di tabù sul regime: non possiamo parlarne per paura di essere intercettati e questo limita molto le conversazioni. Mi ha anche detto però che le persone non possono fuggire dalla capitale”.

Non è possibile lasciare la città?

“È estremamente complicato. Tra i tantissimi beni che in questo momento mancato, c’è anche la benzina. Senza il carburante non c’è modo di mettersi in viaggio e abbandonare la capitale. Inoltre, secondo quello che dicono molti iraniani sulle varie piattaforme di messaggistica, i pasdaran controllano i quartieri e impediscono alla gente di andarsene”.

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Nella capitale non manca solo la benzina, però.

“Ovviamente, no. Mancano il cibo, l’acqua, la corrente elettrica e non è possibile prelevare in banca dei contanti. In molti hanno denunciato il regime di aver svuotato i conti correnti della gente comune. Ma il fatto più drammatico è il blocco dell’accesso a internet”.

Secondo il governo, la decisione è dovuta a questioni di sicurezza.

“Adesso sono tutti maggiormente in pericolo. Non solo perché è più difficile ricevere gli avvisi di evacuazione per i bombardamenti israeliani, ma perché il regime ha voluto scientemente spezzare la comunicazione tra le persone, isolandole. Il governo teme che gli iraniani possano parlare tra di loro, organizzarsi per protestare e magari insorgere. Senza internet i pasdaran potranno commettere ogni genere di violenza, rastrellando i civili dietro infondate accuse di spionaggio o disturbo dell’opinione pubblica, tenendo così sotto scacco l’intera popolazione”.

Pensa davvero che il regime degli ayatollah possa cadere dopo quasi mezzo secolo alla guida dell’Iran?

“Sicuramente non si arrenderanno e faranno di tutto per resistere. Non si sono mai fatti scrupoli nel commettere violenze, arrestare e torturare le persone, comprese le donne. Non temono la morte o lo scontro armato, ma temono le reazioni della popolazione. E il blocco degli accessi a internet è un segnale significativo”.

Internet è una garanzia imprescindibile?

“Sì, accedere a internet è fondamentale. Anzi auspico, e così tantissime altre persone di Teheran e non solo, che il blocco possa essere in qualche modo aggirato, magari grazie all’intervento degli Stati Uniti o di Elon Musk. Se tornerà internet, non solo sarà possibile comunicare con i nostri cari, ma la gente che vive in Iran potrà difendersi, denunciare le eventuali violenze commesse anche dal regime e organizzarsi e combattere per la propria libertà”.