MAURIZIO COSTANZO
Firenze

6 maggio 1856, nasce Freud. Ma 168 anni dopo la salute mentale è ancora tabù

L’indagine: 6 persone su 10 non parlano dell’argomento, neanche ad amici o familiari, e gli uomini sono i più restii ad affrontare il tema. La psicoterapeuta svela perché

Sigmund Freud (foto Ansa)

Sigmund Freud (foto Ansa)

Firenze, 6 maggio 2024 - Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, nasceva il 6 maggio 1856. Laureato in medicina, ha seguito per tutta la sua vita l'ideale della razionalità scientifica, dell'illuminismo.

Partendo dall'autoanalisi dei suoi sogni – scoprì che l'accesso agli angoli segreti e imbarazzanti della psiche umana non è possibile con metodi puramente razionali. Dopo aver sperimentato diversi metodi di cura - ipnosi, suggestioni, cure dietetiche, idriche, imposizione delle mani - si rese conto che doveva radicalmente cambiare la sua posizione di medico onnipotente che dava istruzioni ai suoi pazienti, deboli e malati.

Solo l'assumere una posizione passiva, di debolezza, di ascolto gli permise di aiutare i suoi pazienti, per lo più donne dell'alta società viennese afflitte da quelle turbe poliedriche che da secoli venivano chiamate isteria.

Dal passato al presente: a 168 anni dalla nascita di Freud parlare di salute mentale è ancora tabù? Ebbene sì. I dati parlano chiaro: il 63% di chi rifiuta la psicoterapia è uomo, mentre Ie donne e le nuove generazioni tendono a percepire meno lo stigma.

Questo è quanto era emerso dalla prima ricerca realizzata da BVA Doxa, società di ricerche di mercato, e Serenis, piattaforma digitale per il benessere mentale e centro medico autorizzato.

Cosa è cambiato a distanza di sei mesi? Per fotografare, in modo costante e aggiornato lo stato della salute mentale in Italia, la seconda ricerca svolta a febbraio 2024 ha preso in esame oltre 878 rispondenti di età compresa tra i 18 e i 54 anni, uomini e donne, distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Ciò che emerge nella nuova indagine è che, nonostante ci sia un’attenzione positiva e stabile verso la psicoterapia, 6 persone su 10 non parlano di salute mentale, neanche ad amici o familiari.

Infatti, alla domanda “Ti capita mai di parlare con qualcuno di benessere mentale?” il 57% afferma di non farlo mai o quasi mai. Analizzando più nel dettaglio le risposte, gli uomini si confermano essere i più restii ad affrontare l’argomento, insieme alla fascia di popolazione dai 45 ai 54 anni. Solo il 21% dei rispondenti, invece, si apre con i propri familiari su questi temi. Quali sono i freni che impediscono di parlare di benessere mentale? Perché l’ostacolo più grande è la famiglia? La psicoterapeuta Martina Migliore, Direttrice formazione e sviluppo di Serenis, ha risposto a queste e ad altre domande con l’obiettivo di individuare i fattori socio culturali che danno vita a tale rigetto. Secondo la ricerca, solo il 15% degli uomini si confida con gli amici. All’interno della coppia, invece, è quasi sempre la donna che, nel 35% dei casi, è più aperta e incline a parlare di benessere mentale, mentre gli uomini lo fanno solo nel 26% dei casi.

“Nella nostra società – spiega Martina Migliore - nonostante ci siano stati nel tempo grandi cambiamenti che hanno portato all’evoluzione di una maggiore intelligenza emotiva, l’uomo, a volte, è ancora legato a una tematica di virilità tossica, che porta a nascondere la fragilità e le emozioni per paura di essere giudicato “meno uomo” agli occhi della società e soprattutto della propria famiglia. Molti di loro vengono ancora cresciuti nel mito del problem solving a ogni costo e della pragmatica forzata, per cui le riflessioni sui propri stati emotivi e la sofferenza non sono percepite “utili”, ma solo fastidiose o segnali di inadeguatezza".

Un dato decisamente sorprendente riguarda invece il rapporto con i familiari più stretti. Il rapporto rivela che tra le mura di casa, infatti, si tende a evitare di parlare di benessere mentale. Le donne, ad esempio, nonostante si aprano nel 49% dei casi con una persona con cui sono in confidenza, solo in minima parte lo fanno con i propri familiari (28%).

Sono dati che stupiscono, dal momento che con i propri familiari dovremmo sentirci al sicuro e in grado di poter condividere ogni genere di emozione, per quanto complessa.

“Può sembrare strano che si tenda ad aprirsi più verso l’esterno, addirittura solo attraverso i commenti sui social, piuttosto che con i propri familiari. Credo ci sia un bias di base importante – spiega Migliore - diamo troppo spesso per scontato che la famiglia sia il “luogo sicuro", sia affettivamente e sia relazionalmente, ma in moltissimi casi non è così. In famiglia si possono perpetuare nel tempo antichi conflitti mai risolti, percezioni di esclusione che alimentano la sensazione di poter essere fortemente giudicati o peggio esclusi nel caso in cui non si rispetti uno standard ipotizzato. La poca comunicazione in questo caso alimenta il circolo vizioso perché, in assenza di chiarimento, gli standard vengono creati autonomamente e non c’è mai la possibilità di correggerli". 

Secondo l’indagine sono le donne e i giovani della GenZ a mostrare maggior apertura nei confronti del benessere mentale e ad affrontare gli argomenti ad esso correlati con più frequenza e tranquillità.

“Molta strada è stata fatta in termini di consapevolezza psicologica e di intelligenza emotiva. Ma ancora molta ne abbiamo davanti – sottolinea la psicoterapeuta - perché si tratta di ristrutturare completamente delle credenze molto antiche, sulle quali si basano molti equilibri sia relazionali e sia lavorativi della nostra società. La GenZ è sempre più richiedente, giustamente, di nuovi standard emotivi che rispettino l’individuo nella sua interezza, comprese le sue difficoltà, e le donne per cultura precedente sono sempre più disponibili a questo tipo di apertura. La vera sfida sarà quella di smettere di fare una distinzione tra sessi, in termini di fragilità, emozioni e sofferenza, iniziando a considerare davvero una sola categoria: quella dell’essere umano”. Nasce oggi George Clooney nato il 6 maggio del 1961 a Lexington. Alzi la mano chi non vorrebbe avere passato i 60 anni con il felice mix di giovinezza e maturità di George Clooney, o chi non vorrebbe averlo al fianco come marito e padre. Per lui, capace come pochi di gestire insieme una vita privata al riparo dal gossip e un'attività professionale frenetica (attore, regista, produttore, imprenditore, e sempre con successo) questo 6 maggio è il giorno del suo 63esimo compleanno. Nonostante i capelli color argento e una saggezza da "grande capo", George Timothy Clooney, un kentuckiano dall'anima europea, per i suoi fan rimane sempre il giovane rubacuori "Doug" Ross di "E.R.", lo spavaldo malandrino di "Ocean's Eleven", l'atletico agente segreto di "Syriana", il felpato testimonial del caffè globale. Una delle frasi celebri di uno dei suoi tanti ruoli recita così: “Provate a pensare ai vostri bei ricordi, ai momenti più importanti: eravate da soli? La vita è meglio in compagnia”.  

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