ANDREA MUCCI
Cultura e spettacoli

‘Firenze, il tesoro è qui’: il Chiostro dello Scalzo e i suoi affreschi

Ne abbiamo parlato con Marco Mozzo, direttore del museo di San Marco e Cenacoli e del museo e della galleria Mozzi Bardini

Marco Mozzo, direttore del museo di San Marco e Cenacoli

Marco Mozzo, direttore del museo di San Marco e Cenacoli

Firenze, 7 luglio 2025 – Numerosi sono i ‘tesori’ della nostra città non conosciuti come dovrebbero, dinanzi ai quali spesso molti cittadini passano ignari senza sapere che cosa si perdono… : uno di questi è il ‘Chiostro dello Scalzo’, in via Cavour a due passi da piazza San Marco. Per scoprirne la storia e qualche curiosità abbiamo intervistato il dottor Marco Mozzo, direttore del museo di San Marco e Cenacoli e del museo e della galleria Mozzi Bardini. 

Qual è il fascino e le peculiarità di questo chiostro, dei suoi affreschi? Direttore, ci illustra questo gioiello del Cinquecento, forse non conosciuto dagli stessi fiorentini quanto dovrebbe per la grandezza e grazia dell'arte che custodisce?

“Il 'Chiostro dello Scalzo' era l'atrio o il portico di accesso della perduta chiesa della Compagnia dei Disciplinati di san Giovanni Battista, detto lo Scalzo, fondata nel 1376. Il piccolo chiostro di Giuliano da Sangallo, interamente affrescato, conserva uno dei cicli più importanti della pittura fiorentina del primo Cinquecento. Diviso da slanciate colonne binate con capitelli in stile corinzio, fu affrescato da Andrea del Sarto fra il 1509 e il 1526, in un arco di tempo piuttosto ampio, con le Storie di San Giovanni Battista e le quattro virtù Fede, Speranza, Carità e Giustizia poste ai fianchi delle porte di accesso. Il celebre artista, che Vasari definì il pittore “senza errori”, appartenente alla Confraternita, eseguì con la tecnica del monocromo in dieci scene le vicende del santo, patrono di Firenze: dalla Nascita fino alla celebre Danza di Salomè e alla Decapitazione, dal Battesimo delle moltitudini alla Predicazione nel deserto.”

Nel linguaggio armonioso di questi affreschi quali elementi tipici dell'artista troviamo comuni anche al suo capolavoro: il Cenacolo di San Michele a San Salvi e quali le influenze di grandi artisti a lui contemporanei?

“Secondo alcuni critici, gli affreschi a monocromo, realizzati secondo la tecnica a grisaille in toni di grigio a imitazione della scultura, rappresentano tra gli esiti più raffinati della sua produzione artistica attraverso cui è possibile cogliere l’evoluzione del suo linguaggio che dagli esordi, improntati ancora a una pittura influenzata da elementi leonardeschi, approda verso uno stile decisamente più manierista, solenne e monumentale, ricco di figure e virtuosismi. Un linguaggio anticipatore di quei modi di dipingere che caratterizzeranno la successiva generazione di pittori fiorentini, come il Pontormo e Rosso Fiorentino, e che possiamo apprezzare nello straordinario affresco con ‘l'Ultima Cena’, eseguito da Andrea del Sarto tra il 1520 e il 1525 per il Refettorio dell'ex convento di San Michele a San Salvi, oggi divenuto Museo nazionale di San Salvi.”

In una parola perché i fiorentini, i turisti o semplicemente i passanti di fronte al chiostro non se lo possono perdere?

“E’ certamente un luogo ancora poco conosciuto che esula dai circuiti turistici più frequentati e che affascina per il carattere devozionale delle sue pitture e la dimensione intima e raccolta dei suoi spazi.”