FRANCESCO
Cronaca

Vinicio Berti e l’astrattismo negato

Francesco

Gurrieri

A cento anni dalla nascita riandiamo alla vivace presenza di Vinicio Berti (1921-1991). E’ stato ricordato da Risaliti con una Giornata di studi al Museo Novecento, ma se n’è fatto carico soprattutto Carlo Frittelli che, di quella vivace stagione artistica è testimone e curatore prezioso, conservandone le opere e riproponendole nella sua Galleria. De ”L’astrattismo Classico”, di cui Berti fu componente primario, facevano parte anche Bruno Brunetti, Alvaro Monnini, Gualtiero Nativi e Mario Nuti. Nativi ne fu il teorico, Berti il condottiero. Ermanno Migliorini (che ne stilò il “manifesto”), Alberto Busignani, Giusta Nicco Fasola, ne furono i critici e gli intellettuali che concorsero a diffondere, difendere, spiegare le ragioni di quel movimento e la sua collocazione nel panorama internazionale. Non è facile ricondursi al clima dell’immediato dopoguerra in cui sbocciò quell’astrattismo dopo tanto realismo di regime e in un partito – quello comunista – che con Togliatti, osteggiava ogni sperimentalismo che si discostasse dalla insistitita figurazione (meglio se ispirata al lavoro). Chi volesse saperne di più su Berti e su quel vivace movimento non ha che da riandare al catalogo (Vallecchi) della bella mostra curata da Sergio Salvi in Sala d’Arme nel dicembre del 1980. Attraverso i contributi dello stesso Salvi, di Stefano Mecatti, Enrico Crispolti, Piero Pacini, Anna Panicali e diverse altre testimonianze, fra cui quella di Giovanni Michelucci. In quello stesso anno, a dimostrare quanto il fenomeno dell’Astrattismo necessitasse di chiarimenti e di contestualizzazione, furono fatte altre mostre: a Milano (curata da Guido Ballo a Palazzo Reale), a Roma (Giorgio De Marchis alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna), al “Milione e a Prato ” (Giuliano Gori, Carlo Belli). Ma quale fu la peculiarità dell’Astrattismo classico fiorentino? Forse quello di essere il più politicizzato, il più motivato. I vertici del partito scoraggiarono codesta aspirazione, puntando sul più sicuro realismo di Guttuso, così contiguo al realismo socialista della figurazione russa.