Un lungarno per ricordare Chelazzi Una vita al servizio della Giustizia

La città intitolerà una strada lungo il fiume al magistrato che coordinò le indagini sulle stragi mafiose del ’93-’94. Un amante del diritto che cercò la luce della verità negli anni più bui. Il ricordo del suo straordinario metodo di lavoro.

Un lungarno per ricordare Chelazzi  Una vita al servizio della Giustizia

Un lungarno per ricordare Chelazzi Una vita al servizio della Giustizia

di Francesco Nocentini *

n’inchiesta nasce sempre dal basso, dai piccoli indizi, poi cresce. Mai il contrario, mai innamorarsi di una tesi. Il magistrato deve essere sempre il primo difensore dell’indagato". Queste poche frasi pronunciate da Gabriele Chelazzi sintetizzano perfettamente il suo metodo di lavoro.

Un ‘manifesto programmatico’ che applicò sempre: indagando sul terrorismo nero e rosso, per individuare e fare condannare sia alcuni dei brigatisti che avevano ucciso l’ex sindaco di Firenze Lando Conti che mandanti ed esecutori delle stragi del ’93-’94.

La notte della bomba ai Georgofili era il magistrato d’urgenza. A poche ore dall’attentato, da persona intelligente quale era, incontrò, insieme al procuratore Vigna, il gruppo dei giornalisti che si occupavano della cronaca giudiziaria e frequentavano ogni giorno il Palazzo di piazza San Firenze, allora sede della procura e del tribunale. Perché anche noi potevamo dare, secondo lui, qualche ‘dritta’ giusta per le indagini. Da quel momento Chelazzi si buttò a capofitto nell’inchiesta: "Per anni ho mangiato pane e stragi" amava dire.

Un lavoro che ebbe quasi subito ebbe risultati importanti: la prima ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei boss mafiosi Bagarella e Brusca venne emessa il 31 gennaio 1995, la prima collaborazione si verificò sette mesi dopo, il 31 agosto. Quell’atto, dunque, che già individuava la matrice di Cosa nostra, non aveva a supporto alcuna dichiarazione di pentiti ma solo un lavoro faticosissimo. Uno sforzo ‘partito dal basso’ ma accompagnato da un colpo di genio, che lo aveva portato ad alzare lo sguardo fino ai ponti radio dei telefoni cellulari.

In quegli anni la telefonia mobile era pressoché agli albori, ma una rete invisibile di segnali radio si era propagata sopra Firenze prima e dopo l’attentato.

Chelazzi aveva intuito che nella preparazione della strage il commando aveva usato telefonini e che dai ponti radio si poteva imboccare la strada giusta. Una brillante intuizione che aveva bisogno di un ‘lavoro da mulo’: ci vollero mesi per l’analisi combinata di migliaia di tabulati di chiamate via telefono cellulare e isolare, tra i numeri che avevano agganciato il 27 maggio 1993 le celle del centro di Firenze, quelli riferibili a intestatari sospetti.

Nella storia della nostra Repubblica lungo è l’elenco dei magistrati vittime del dovere. In quell’elenco possiamo mettere anche il suo nome. Chelazzi fu stroncato da un infarto ma e non è escluso che siano stati il lavoro massacrante, l’ansia di non lasciare zone buie nelle indagini e la tensione nervosa a minargli la salute.

Fiorentino doc, Chelazzi era anche tifoso sfegatato della Viola. Una passionaccia quella per la Fiorentina, che amava seguire dalla Curva Ferrovia. C’era anche lui, in piedi, ad applaudire Batistuta che, nel febbraio 1996, aveva appena segnato il suo terzo gol all’Inter nella semifinale di Coppa Italia.

C’era sempre lui, insieme alla figlia, confuso tra i tifosi che, nell’agosto del 2002, accolsero l’arrivo allo stadio Franchi di Diego Della Valle, da poche ore nuovo proprietario della Fiorentina.

* Giornalista e scrittore

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