
Siamo nel 1988. Giuseppe Fabbri, era un ricettatore che si spacciava per antiquario. Fu trovato ucciso il 10 gennaio con sei colpi di pistola nel suo casolare di San Vincenzo a Torri.
Su quell’omicidio indagò Ruggero Perugini, all’epoca capo della sezione omicidi della Mobile di Firenze. Bene Perugini porterà a processo come assassino del ricettatore Paolo Bellini, uomo oggi al centro dei misteri per la strage della stazione di Bologna. Bellini, amico della vittima e per un certo tempo anche suo compagno di cella. "La scena del crimine parla da sola" titolarono i giornali del tempo. Inaspettatamente Bellini, che adesso ha 67 anni, fu assolto per quell’omicidio.
Da quel momento la vita di Bellini, nato a Reggio Emilia, ma molto attivo a Firenze dove si era trasferito, è un gigantesco punto interrogativo. Ora sta scontando un residuo di pena ai domiciliari per i delitti confessati da "collaboratore di giustizia".
In passato si era legato agli ambienti eversivi di destra di Reggio Emilia. Anni dopo diventò ’cliente’ del pm Gabriele Chelazzi per le stragi 93-94. Fu testimone al processo di primo grado. Poi indagato, sempre a Firenze, dopo la morte di Chelazzi. Nella sala prove, quella blindata all’interno dell’aula bunker, su di lui, c’erano 40 faldoni agli atti. Ma anche in questa circostanza, l’inchiesta fu archiviata.
Si sa per sua stessa ammissione, che Bellini ha fatto il killer della ’ndrangheta. Poi diventa il cruccio di Antonino Gioè che non era un mafioso qualunque ma uomo di Riina. Facendo parte della commissione di Cosa Nostra, riferiva solo a Brusca dei suoi incontri con Bellini.
Gioè morirà senza sapere chi era veramente quest’uomo conosciuto in carcere. In nome e per conto di chi operava Bellini nel corso della trattativa "Stato-mafia"? Cosa Nostra che aveva progettato ed eseguito le stragi di Capaci e di via D’Amelio continuava a mantenere contatti con Bellini senza sapere con certezza chi fosse.
Il fatto certo è che rapporti con uomini delle forze dell’ordine ci sono stati. Lui stesso ammise di essere entrato in contatto con uomini dei servizi segreti.
Il nome dell’infiltrato in una gigantesca operazione antidroga del Ros di Firenze, operazione coordinata dall’allora pm Margherita Cassano, conclusa con grande successo, fu a lungo segretato, ma sembra proprio che sia stato Bellini a mettere nel sacco i narcos sudamericani.
E adesso torna alla ribalta la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.er quell’episodio terribile Bellini era già stato inquisito e prosciolto nel 1992. Ora l’accusa ha fatto riaprire le indagini e ne ha chiesto il rinvio a giudizio. A incastrarlo ci sono una testimonianza e un’intercettazione ambientale della ex moglie, che confessa, ritratta e poi ammette di averlo riconosciuto nel fermo immagine ricavato da un filmato realizzato da un turista tedesco alla stazione di Bologna dopo l’esplosione. Maurizia Bonini dice: "La persona è il mio ex marito Paolo Bellini".
am ag