OLGA MUGNAINI
Cronaca

Tracey Emin: "La mia arte è donna e dolore"

Dipinti, sculture, ricami, neon. A Palazzo Strozzi di Firenze “Sex and Solitude“, la più grande mostra realizzata in Italia della maestra inglese

Dipinti, sculture, ricami, neon. A Palazzo Strozzi di Firenze “Sex and Solitude“, la più grande mostra realizzata in Italia della maestra inglese

Dipinti, sculture, ricami, neon. A Palazzo Strozzi di Firenze “Sex and Solitude“, la più grande mostra realizzata in Italia della maestra inglese

"Ogni immagine è entrata prima nella mia mente, ha attraversato il mio cuore, il mio sangue, arrivando poi nella mia mano. Tutto è passato attraverso di me". Nelle sessanta opere che ripercorrono la carriera di Tracey Emin dagli anni ’90 ad oggi, è entrato il dolore, il desiderio, gli abusi sessuali subiti da giovanissima, gli aborti, fino alla recente battaglia col cancro. Al centro c’è sempre il corpo, fragile e carnale, raccontato con la pittura, il disegno, il ricamo, la scultura, i video e le installazioni. Ma anche il neon, che sembra funzionarle da amplificatore emotivo.

Tracey, perché le piace un materiale come il neon?

"Il neon ha sempre avuto una connotazione un po’ squallida. Ma lo trovo sexy. È scintillante, pulsante, audace, vibrante. Ha un fascino meraviglioso".

Ci spiega il titolo della sua mostra Sex and Solitude?

"Per me il sesso e la solitudine sono intrinsecamente connessi e intrecciati. Da giovane il sesso era ciò che mi stimolava di più, che mi dava una spinta. Mentre adesso penso che la solitudine sia fondamentale per me come artista, una solitudine mentale che aiuta la creazione. E comunque, dalle mie opere si capisce che uno è sempre accanto all’altra".

In questo particolare periodo storico, l’arte cosa può fare?

"Molti pensano che non sia importante, mentre io credo che ora lo sia più che mai. E penso anche che chi nella preistoria faceva i dipinti rupestri non andasse in giro a dare mazzate agli altri. L’arte è connessa all’amore, alla spiritualità, alla possibilità di capire chi siamo nel senso più profondo. Ed è anche questo che evita che ci si ammazzi a vicenda. L’arte può cambiare atmosfera, migliorare tutto. Perché l’arte non è decorazione, è qualcosa che trascende. Come quando qui a Firenze sono andata a vedere il Beato Angelico e ho sentito questa connessione profonda, positiva, rispetto a tutte le schifezze che ci piovono addosso. Peraltro, la grande arte è disponibile a tutti, è intorno a noi".

Cosa è la fede per lei?

"Io non ho una fede religiosa. Mio padre era musulmano, mia madre atea e veniva da una famiglia di zingari. Sono cresciuta in un ambiente in cui si credeva più agli incantesimi, ai fantasmi e alle seduti spiritiche. Credo però che la fede venga dal vivere. Nella mia vita sono successe alcune cose non buone e ho imparato ad andare avanti. Ecco, la fede per me è vivere".

Come ha fatto con la malattia?

"Sì. La cosa più grave che mi è capitata è stata ammalarmi di cancro quattro anni fa. Mi avevano dato sei mesi di vita. Allora ho detto: va bene, accetto la morte, fa parte dell’ordine delle cose. E davanti a questa possibilità ho cominciato davvero a pensare alla mia vita e mi sono sentita meglio. Del resto sono stata anche molto infelice, e allora è stato come se mi avessero levato un peso. E visto che mi sentivo bene, più leggera, ho pensato: forse sono morta e questo è il paradiso. Ma inferno e paradiso sono dentro di noi e li dobbiamo gestire".

C’è differenza oggi fra essere un’artista donna e un artista uomo?

"Sì, basti pensare che gli uomini sono pagati di più. E i prezzi alle aste lo dicono chiaramente. Ma questo capita in tutti i settori, purtroppo. Le donne continuano a soffrire. Quando mi chiedono del femminismo, beh, io sono una femminista e non mi sono mai lasciata fermare da nessun uomo. C’è voluto un secolo, ma adesso le donne eccellono nelle arti. Servirà ancora del tempo, mai poi la differenza sparirà".