Teatro della Toscana: "Conti e bilanci? In ordine"

Giorgetti, direttore generale della fondazione: "L’ente si trova in piena salute. Gode del riconoscimento di ministero, operatori nazionali e pubblico".

di Marco Giorgetti*

FIRENZE

Gentile direttrice, le parole di Gabriele Canè in merito alla situazione del Teatro della Toscana pubblicate nel suo commento dal titolo ‘Nomi di rilievo per un rilancio che non c’è stato’ pubblicato su La Nazione del 7 ottobre mi hanno lasciato basito. Nell’assimilare la gestione del Teatro della Toscana a quella passata del Maggio Musicale trae considerazioni sulle quali è bene fare chiarezza.

A proposito di "rilancio che non c’è stato" e di "piede nell’abisso" mi preme chiarire che il Teatro della Toscana ha registrato finora bilanci in pareggio, senza disavanzo. Abbiamo uno dei migliori rapporti in Italia fra costi e ricavi propri: non 1 a 10, come scritto, ma 1 a 5, che fa una bella differenza, con una incidenza dei costi di personale sul totale dei costi del 40%, fra i dati migliori a livello nazionale.

Lavoriamo con una contribuzione pubblica di base inferiore di 2 milioni rispetto a quella di altri Teatri Nazionali equivalenti; proponiamo stagioni e attività nazionali e internazionali riconosciute dal pubblico, dalla stampa, con i sold out della scorsa stagione per oltre la metà delle date in programma nelle sale del Teatro della Toscana: su un totale di 371 recite si è registrata una presenza di oltre 100mila spettatori, con 3.500 abbonamenti e oltre 1.200 TT Young Card, dimostrazione del sostegno alla nostra programmazione anche da parte dei giovani, abbonamenti che per la stagione in corso sono già 3mila e la tendenza ci dice che il dato dello scorso anno sarà ampiamente superato. I costi della Scuola dell’Oltrarno sono ampiamente inferiori a quelli di tutte le altre scuole degli altri Teatri Nazionali, le risorse sono puntualmente gestite e controllate con i principi di massima economicità e il compenso del direttore Favino non è certo con "un cachet a parecchi zeri", essendo ampiamente inferiore al valore dell’artista.

Per la prima volta nella sua storia il Louvre questa estate ha aperto le porte a un progetto internazionale del Teatro della Toscana e del Théâtre de la Ville di Parigi. Questi sono alcuni degli elementi rispetto ai quali non riusciamo a comprendere cosa ci sia da "rilanciare" e dove stia il "piede nell’abisso". Le scelte che faranno i soci e il consiglio per il futuro, in conseguenza del venir meno di risorse finora garantite, saranno note a breve, ma a oggi la situazione del Teatro della Toscana è quella di una Fondazione in piena salute e col pieno riconoscimento del Ministero della Cultura, del suo pubblico, dei suoi fruitori e degli operatori nazionali. I conti tornano, la gestione trasparente ha sempre avuto una attenzione rigorosa ai bilanci, speso con rigore assoluto ogni euro, come dimostra la verifica degli ispettori del Mef.

La complessità di una struttura come la nostra richiede un’approfondita analisi basata sulla realtà complessiva e non su conclusioni tratte da generici elementi scollegati da un contesto. Lo invito a passare qualche ora col sottoscritto per analizzare come ha diritto di fare ogni cittadino, come sono stati spesi e vengono spesi i suoi soldi di contribuente. Posso assicurargli che non troverà nessuna delle problematiche che hanno riguardato nel recente passato il Maggio Musicale.

*Direttore generale Fondazione Teatro della Toscana

Di seguito la replica di Gabriele Canè:

Primo, tra 1 a 10, come scritto ‘per semplificare’, e 1 a 5, sempre sbilancio resta. Secondo. Il paragone col Maggio non era legato alla dinamiche delle gestioni, ma al rischio che i già importanti contributi pubblici per i teatri toscani debbano aumentare in un momento in cui queste risorse possono e debbono avere altre destinazioni. Terzo. Le preoccupazioni non sono di chi scrive ma della Fondazione Crf, importante contributore del teatro, che pare avere una visione meno rosea della Fondazione Teatro Toscana. Forse maggiore chiarezza potrebbe venire oltre che dalla nota del direttore, dalle tre pagine di ‘omissis’ contenute nel bilancio in discussione.