
Lorenzo Luzzetti, direttore artistico del Teatro Puccini con la direttrice Sybille D’Arino
Firenze, 12 maggio 2020 - «Eccomi qua: sono venuto a vedere lo strano effetto che fa la mia faccia nei vostri occhi, e quanta gente ci sta…". Canta così Francesco De Gregori, nella sua canzone dedicata alla grande famiglia del teatro e dei teatranti, La valigia dell’attore. Prosegue: "Oltre al buio che c’è, e al silenzio che lentamente si fa, improvvisamente eccomi qua". Improvvisamente eccoli qua, nelle belle foto di Luca Moggi.
Li vediamo, con la mascherina, a guardarci negli occhi, dai loro teatri, dai loro auditorium. In mezzo a file di sedie vuote. Vuote come non le abbiamo viste mai. Un vuoto che è stato, per due mesi, anche nostro. Un vuoto di spettacoli, di musica, di storie. Di chiacchiere nel foyer, di discussioni appena dopo il concerto. Quando ci scoprivamo simili, quando capivamo di avere avuto le stesse emozioni. Perché lo spettacolo ci regala questo: la sensazione di essere parte di una vita più grande di noi, di un tempo nel quale siamo immersi. Le storie del teatro, del cinema, della musica, della danza ci raccontano chi siamo, ci fanno vedere come amiamo, come soffriamo. Ci dicono che siamo vivi, che siamo al mondo.
Quelli che Luca ha fotografato, soli nei loro teatri, non sono gli attori. Sono i condottieri, i capitani di quelle grandi navi che sono i teatri e gli auditorium. Quelli che li fanno andare avanti. E sono lì, come sentinelle, come custodi. Quelli che hanno le chiavi di questi luoghi sacri, di questi centri di respiro umano, di sentimento del vivere. Luoghi che sono come polmoni vuoti. Mangiati dal virus della paura. Sembra quasi di sentirne il silenzio, un silenzio pesante, grosso. Vorremmo, invece, tornare a sentire quelle voci, il chiacchiericcio e quel silenzio diverso, quel trattenere il respiro un secondo prima che si apra il sipario.
Ha pensato agli artisti anche papa Francesco, rispondendo a una lettera aperta di Sandro Veronesi e di altri intellettuali. "Gli artisti ci fanno capire cos’è la bellezza, e senza la bellezza il Vangelo non si può capire". L’arte è un modo per esplorare la nostra natura di uomini, e per avvicinarsi al divino. E il presidente Mattarella ha detto, pochi giorni fa: "E’ il momento di tornare a sognare e a far sognare".
Ma ora, qualche cosa si muove. Il ministro della cultura Franceschini e i rappresentanti dello spettacolo sono tornati a parlarsi, a immaginare il futuro. C’era anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella, in rappresentanza dei sindaci italiani. L’impressione è che stiano limando, aggiustando parametri, regole, procedure, per una riapertura. E allora, forse, questo silenzio piano piano tornerà a riempirsi di voci, di racconti, di vita. In questi giorni ci siamo nutriti di musiche ascoltate su Youtube, di quadri visti sul computer, di spettacoli teatrali e vecchi film mangiati, come preziose tavolette di cioccolata, dallo schermo del televisore o da quello del portatile. Ma è l’arte, tutta intera, che ci ha permesso di non impazzire, di non perdere il contatto con la parte più profonda, più vera di noi stessi, con quello che ci rende umani.
I teatri – quei teatri che sono ora vuoti – rimangono in noi, come un fermo fotogramma, all’ultimo spettacolo che abbiamo visto. Magari quel concerto di Niccolò Fabi al Teatro Verdi in un giorno di gennaio, quando potevamo ancora sentire una ragazza che, nella sedia accanto alla nostra, si emozionava per le stesse cose, le stesse note, le stesse parole che ci toccavano nel profondo. Magari era sconosciuta, ma in quel momento cavalcava le onde dell’emozione insieme a noi. E poi, la cultura non è solo nutrimento necessario per la nostra anima, per quel sistema complesso, delicato di pensieri, emozioni, sentimenti che è il nostro equilibrio mentale. È anche un lavoro, un mestiere: vita, vita vera per chi rende possibile, ogni volta, il miracolo di uno spettacolo. E non solo le grandi star: ma anche chi aspetta una chiamata per truccare un attore, per cucire un costume, anche i macchinisti, i datori di luci, o gli orchestrali sistemati più in fondo, ballerine di fila, gente che si è dannata l’anima tutta la vita, per inseguire il sogno, e pagare le bollette. Sono diventati tutti invisibili, in questi mesi. Ma ora, con cautela, è il momento di tornare a vivere.
«Ovviamente, la priorità assoluta è la salute degli spettatori e dei lavoratori dello spettacolo. Prima di tutto occorre conoscere le regole da seguire per andare in scena", dice Tommaso Sacchi, assessore alla cultura del Comune e presidente del Teatro della Pergola. Insieme al direttore del teatro Marco Giorgetti, è già pronto con una soluzione concreta: "Siamo pronti a togliere la platea, che è smontabile, per sistemare il pubblico in sicurezza solo nei palchi". Se nelle foto la Pergola sembra un veliero in attesa di salpare, il Mandela Forum è un translantico di dimensioni titaniche. Il suo custode è Massimo Gramigni, presidente dell’associazione che lo gestisce. "E se ti chiami Mandela Forum, con un nome che si ispira al più grande combattente per la libertà, la dignità e l’uguaglianza degli uomini, hai una responsabilità ancora maggiore verso le persone. Chi lavora con noi e gli spettatori. Abbiamo lavorato sulla messa in sicurezza, dagli impianti di aerazione ai bagni. E poiché questa tragedia ha lasciato tutto il mondo più povero, ne terremo conto nella politica dei prezzi. Intanto, il primo segno di ripresa potrebbe essere l’arena estiva cinematografica, che ha portato migliaia di film di qualità nel corso degli anni". Il suo socio Claudio Bertini ci guarda dalla platea vuota del Tuscany Hall, la tenda del rock fiorentino. "Se ci saranno le condizioni, siamo pronti a riaprire anche in un giorno".
Gli fa eco Marco Parri , direttore del teatro Verdi e dell’Orchestra regionale della Toscana: "Una prima possibile soluzione, per l’estate, potrebbe essere quella degli spettacoli all’aperto nelle ville medicee: quelle di Castello, della Petraia, di Cerreto, di Poggio a Caiano", dice. Il guardiano del faro del Teatro Puccini è Lorenzo Luzzetti, direttore artistico insieme a Sybille D’Avino. "Penso soprattutto ai grandi penalizzati di questi mesi, i macchinisti, gli elettricisti, maestranze e attori che vivono enormi difficoltà economiche. Occorrerà ripartire, per loro e per tutti". Giannella Sensi, direttrice di "Firenze & danza", pensa a una moneta quasi perduta, quella della gioia. "E la danza è proprio questo: gioia di vivere. Vorrei riportarla nelle piazze di Firenze, così belle e suggestive".
Infine il maestro Giuseppe Lanzetta, direttore dell’Orchestra da camera fiorentina: "Potremmo ripartire con concerti sui sagrati di piazza del Carmine, nel cortile del Bargello, o nell’enorme prato meraviglioso di villa Demidoff". Tornare a respirare, ripartire, tornare a creare. © RIPRODUZIONE RISERVATA