REDAZIONE FIRENZE

Sala piena e lungo via vai, ma il Pir supera la prova: in tre ore test e diagnosi

Carichi di lavoro sempre intensi al punto intervento rapido di Torregalli. Organizzazione e gentilezza da parte del personale sono una costante

Il pronto soccorso dell'ospedale Torregalli (Foto Gianluca Moggi/ NewPressPhoto)

Il pronto soccorso dell'ospedale Torregalli (Foto Gianluca Moggi/ NewPressPhoto)

Firenze, 20 agosto 2025 – Al pronto soccorso è andata male. Ma i sintomi restano e la mattina seguente si cambia. Stavolta autobus verso il Pir di torregalli.

Ore 8.37: mi reco al punto Pir (punto intervento rapido) dell’ospedale Torregalli. Attivo da inizio anno, il Pir funge da ’filtro’ per l’ospedale: lavora negli stessi orari, ma 7 giorni su 7 con pazienti inviati dal triage e ha l’obieittivo di alleggerire il pronto soccorso dai cosiddetti accessi impropri.

Presento gli stessi sintomi della sera precedente (ovvero forte emicrania che va avanti da tre giorni e problemi di vista) a un infermiere all’accettazione. Subito vengo portata all’interno del pronto soccorso, dove mi fanno un prelievo di sangue, mi misurano la pressione, la saturazione e svolgono altri rapidi controlli per iniziare il percorso diagnostico.

Stabilito che non c’è urgenza, un’infermiera mi accompagna in una sala d’attesa. Con me ci sono un’anziana in sedia a rotelle e un uomo sui sessantacinque anni con il naso rotto e sanguinolento, reduce da una caduta da una scala. Racconta la sua disavventura, poi torna a distrarsi con il telefonino. Ironia della sorte: dopo un’ora arriverà anche sua moglie lamentando dolori “a cui sono abituata” dirà, al petto. Appena lui la vede arrivare scoppia a ridere. “Non potevo essere da meno, no?”, gli dice lei. Nel corridoio, alcune barelle ospitano pazienti in condizioni più gravi.

Le lancette dell’orologio scorrono lente: le 9, le 10. Gli afflussi al pronto soccorso sono cospicui e tra i nuovi arrivi c’è una donna investita da un’auto che guadagna giustamente la priorità nell’intervento dei sanitari. Diventiamo ormai otto in sala, esclusi i pazienti sulle barelle. Qualcuno inizia a sbuffare, qualcun altro chiama un parente per condividere il disagio. L’attesa si fa palpabile.

Nonostante il carico di lavoro evidente, il personale sanitario non perde mai la gentilezza: a ogni passaggio c’è una parola di conforto, un gesto di attenzione per le persone che attendono di essere visitate. Alle 10.30 sono già state tre le volte in cui mi hanno chiesto come sto, se voglio sdraiarmi o se ho bisogno del paracetamolo per alleviare il dolore.

A metà mattinata la situazione sembra non cambiare. Il gruppo che attende è composto sempre dalle stesse persone. Poi, finalmente, qualcosa si muove: chiamano il primo nome, poi il secondo, il terzo… e infine il mio. Un giovane specializzando mi invita a seguirlo e mi conduce in un ambulatorio. La prima cosa che mi dice è che ho fatto bene a venire in pronto soccorso. “I mal di testa non vanno mai sottovalutati, soprattutto se il dolore persiste per giorni”, afferma. La visita è accurata. Il medico mi fa un sacco di domande e piccoli test per capire il caso clinico. Poi mi consiglia di prendere 1000 mg di paracetamolo e mi prescrive una visita neurologica se in futuro il problema dovesse ripresentarsi. “Adesso ti teniamo altri dieci minuti distesa qui in osservazione”, conclude.

Alle 11.40, dopo tre ore dall’accettazione, sono fuori dal San Giovanni di Dio. Nessun ticket di pagamento richiesto per il mio caso. Anche se si può sempre migliorare, il Pir dell’ospedale di Torregalli si è rivelato una macchina sanitaria davvero ben organizzata.

e.b.