Ristoratore suicida, quello sfogo prima di farla finita: "Nessun aiuto, non c'è futuro"

La vicenda che lascia sgomenta Firenze. E' accaduto nel locale dell'uomo, nel quartiere Santa Croce

Piazza Santa Croce (foto repertorio)

Piazza Santa Croce (foto repertorio)

Firenze, 25 agosto 2020 - «Lo Stato non ci aiuta e nelle istituzioni non riesco più ad avere fiducia». Guardava da un pezzo la sua Santa Croce, trasformatasi in capo a pochi mesi da centrifuga del bel vivere a macchina del silenzio dove perfino i tacchi di una ragazza sul marciapiede fanno rumore a distanza di cento metri. 

Guardava sconsolato i tavoli dei ristoranti immacolati, le serrande abbassate, i negozi deserti il ristoratore 44enne che sabato ha deciso di farla finita tormentato dalla paura di non farcela. Osservava e macinava ansia, dubbi, infine una silenziosa disperazione. Non ci credeva più. E dire che, come ricorda un commerciante che ha un’attività a un passo dal suo ristorante «era un ragazzo d’oro, uno sportivo che faceva palestra, bici, corsa». Insomma «una persona dinamica e piena di vita».

Finché non è arrivato il lockdown. «Lì sono iniziati i primi problemi, le prime preoccupazioni» ricorda, con la voce rotta dal pianto, l’uomo che aveva parlato con l’amico qualche giorno fa.  «Si guardava intorno - prosegue – e vedeva tutte le attività chiuse e piazza Santa Croce deserta. Non credeva nella ripresa. Mi ha detto: ’Questa situazione ci accompagnerà fino al 2023, non ci riprenderemo prima del 2023’. Era stanco e demoralizzato. Aveva paura che questi mesi bruciassero e gli portassero via tutti gli anni di sacrifici e il sudore versato. Ma nessuno si aspettava arrivasse a tanto. Era un po’ demoralizzato ma non depresso».

Un gesto tanto inatteso quanto atroce quello dell’uomo che ha scelto di andarsene togliendosi la vita in un pomeriggio rovente e deserto d’agosto lasciando in un lago di dolore la moglie e i due figlioletti.  Ha scelto di farla finita nel suo ristorante, per il quale aveva di recente sottoscritto un leasing d’azienda. Ha atteso che tutti se ne fossero andati per la pausa pomeridiana, tra il pranzo e la cena. E’ stato lì, al lavoro, fino all’ultimo istante. 

«La nostra è sempre stata un’attività sana. – ricorda il fratello con la voce gonfia di emozione e gli occhi spenti – Non abbiamo mai avuto debiti con nessuno, questo c’ha insegnato la nostra famiglia. In questi mesi, con il lockdown, è arrivata la preoccupazione, forte, e l’incertezza sul futuro». 

Quel futuro che forse lui non riusciva neanche più a immaginare. La notizia della sua tragica morte, a 44 anni appena, ha fato venire il groppo in gola a tutta la città. «E’ come se con lui se ne fosse andata la parte vivace e spensierata del commercio fiorentino – scrive su Facebook, Giovanni, che si limita a definirsi un «collega addolorato» – un mondo abituato a vivere di contatti umani, di rapporti solidali, di inventiva. Tutti noi soffriamo questo momento drammatico, con gli investimenti di una vita che sembrano sul punto di ridursi in cenere. Tutti cerchiamo di resistere, questo ragazzo purtroppo ha visto forse una montagna invalicabile». 

Dolore e incredulità, ma anche rabbia e tensioni latenti di una città che si sente fragile come un cristallo. Nessuno ricorda niente di simile a Firenze, quantomeno non negli ultimi anni. In queste ora il sindaco Dario Nardella, insieme all’assessore allo sviluppo economico Federico Gianassi, ha fatto visita al fratello del ristoratore. Nardella ha voluto così portare la vicinanza del Comune alla famiglia.

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