La riduzione del cinque per cento dei rifiuti urbani entro il 2028 (rispetto al 2019), il raggiungimento del 75 per cento di raccolta differenziata per lo stesso anno (nel 2023 è stata del 66,64 per cento) e dell’82 per cento nel 2035. Sono alcuni degli obiettivi del Piano regionale di gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati - Piano dell’economia circolare, discusso ieri in Consiglio regionale, dove oggi dovrebbe essere votato. Illustrato dalla consigliera e presidente della quarta Commissione, Lucia de Robertis (Pd), prevede nuovi impianti da completare entro il 2028, dopo una fase transitoria in cui si dovranno usare quelli esistenti. Proprio sugli impianti, la Regione è ricorsa alla manifestazione di interesse da parte di soggetti interessati a costruirli, ricevendo 41 proposte, di cui trentanove coerenti. Oggi siamo a dodici impianti fra pronti o in realizzazione, otto con procedure in corso, dodici rinviati.
"Oggi (ieri per chi legge, ndr) non consegniamo solo un documento particolarmente complicato ma offriamo una prospettiva seria – ha detto l’assessora Monia Monni – che fonda le sue radici su 19 nuovi impianti fra quelli in realizzazione, realizzati e in autorizzazione, cui si somma l’impiantistica di digestione anaerobica. Il più grande investimento in materia mai visto in un tempo così limitato".
"Il Piano – ha detto poi la presidente De Robertis – è uno strumento innovativo, risultato di un lavoro approfondito e partecipato. A chi sostiene che non ci siamo occupati della localizzazione dico che, come indica una sentenza del Consiglio di Stato, non è competenza dei Consigli regionali. I piani devono definire una gerarchia degli impianti: nel nostro caso abbiamo mutuato quella dell’Unione europea nella quale i termovalorizzatori sono l’ultimo tassello, ma non vengono demonizzati: devono andare a esaurimento rispetto alle autorizzazione e dobbiamo trovare tecnologie alternative".
"Il piano rappresenta la sfida delle sfide – ha commentato Stefano Scaramelli (Iv) - perché vede i rifiuti diventare materia prima, con la compartecipazione dei privati. È uno degli atti più importanti di questa legislatura fondamentale per una svolta green".
"È un ‘non piano’ – ha commentato il consigliere Alessandro Capecchi (Fdi), vicepresidente della quarta Commissione – perché non prescrive nulla e rimanda tutte le scelte ai piani di Ambito che gli Ato dovranno mettere a punto entro 180 giorni. Utilizza poi dati 2022, mentre sul sito Ispra nazionale sono aggiornati al 2023. Per lo sviluppo degli impianti, prevede una fase transitoria di ben sei anni, cioè quanto dovrebbe durare il piano stesso. E la Toscana è in fase transitoria già da cinque anni. A causa di questa incapacità, siamo la seconda Regione più cara d’Italia per lo smaltimento dei rifiuti".
"Un piano che non pianifica, che non si assume responsabilità – il commento della Lega -. Una scatola vuota, ideologica, che non garantirà l’autosufficienza in due Ato su tre. Saremo costretti ad aumentare i conferimenti in discarica o a esportare i rifiuti, con un incremento delle tariffe. Rischiamo inoltre di vedere sospesi i finanziamenti europei per il mancato raggiungimento degli obiettivi comunitari". "Senza termovalorizzatori il ciclo dei rifiuti non si chiude – ha stigmatizzato Marco Stella (Forza Italia) – e per questo la Tari, che è una delle più alte d’Italia, continuerà a crescere".
Contraddicendo il clima da campo largo degli ultimi tempi, anche i Cinque Stelle storcono in naso. "Questo piano è ancora manifestamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi di una regione sostenibile – ha detto la capogruppo pentastellata Irene Galletti -. La Regione ha abdicato al ruolo di programmazione, lasciando decidere ai territori, ma soprattutto alle imprese, quali impianti realizzare e dove".