STEFANO BROGIONI
Cronaca

Tra Europa e processi, 10 anni dopo la morte di Riccardo Magherini: “Ancora senza giustizia”

La notte del 3 marzo 2014 la promessa viola morì nelle mani dei carabinieri. Dopo le assoluzioni in Cassazione la famiglia aspetta il verdetto della Cedu

Riccardo Magherini

Riccardo Magherini

Firenze, 3 marzo 2024 – Era la notte del 3 marzo del 2014 . Una cena in San Frediano poi il 40enne Riccardo Magherini, Riky, il Maghero, si spense nelle mani dei carabinieri. Sono passati dieci anni, ma le sue urla, registrate da dietro le persiane da un residente di Borgo San Frediano, si sentono ancora. "Aiutatemi, c’ho un figliolo", urlava Riccardo. Era sotto l’effetto della cocaina - diranno le perizie intorno alle quali si sono attorcigliati i processi - ma soprattutto era sotto i militari che lo tenevano a terra fermo, ammanettato a pancia in giù.

«Verità e giustizia», chiese la famiglia per mesi. E la chiede ancora, dopo tre processi culminati nell’assoluzione - in Cassazione, dopo due condanne - dei tre carabinieri che lo avevano placcato a terra "come una cotoletta", e un procedimento ancora aperto, con l’Italia imputata, davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Accanto ai Magherini, anche oggi, ci sono sempre gli amici, quelli che non mancarono mai neanche a un’udienza, con le magliette colorate che ricordavano a mamma Clementina e babbo Guido - ex calciatore che ha vestito la maglia di Milan, Lazio, Palermo, con la Rondinella nel cuore - l’esuberanza del loro secondo figlio, nato dopo il primogenito Andrea. Anche Riky ci aveva provato, a fare il calciatore come il babbo. Aveva sfiorato la serie A con la Fiorentina, poi infortuni e sfortuna lo avevano costretto ad abbandonare. Gli alti e bassi della vita non avevano risparmiato neanche lui, Riky, il più solare e casinista della compagnia, quello che al suo arrivo faceva sempre cominciare la festa. Poi, quella notte. Il freddo dell’asfalto. L’ultimo pensiero per il figlio Brando.

La morte di Magherini è stata un caso. Una di quelle vicende che sarebbe stato più comodo archiviare, per evitare diversi imbarazzi istituzionali. E forse sarebbe finita davvero nel nulla se la famiglia non si fosse rivolta a Fabio Anselmo, l’avvocato che della ricerca della verità nelle morti di Stato (Aldrovandi, Cucchi e non solo) ha fatto la sua missione. Il tribunale di Firenze e la corte d’Appello avevano condannato i militari per aver lasciato alcuni minuti l’uomo senza soccorso. La Cassazione ha cancellato tutto. Resta la Cedu. "La nostra voglia di giustizia non è mai scemata, anche se combattiamo contro una casta", dice il babbo Guido. "Questa famiglia è in credito con la giustizia", commenta l’avvocato Anselmo. Ieri, Andrea ha partecipato al corteo contro gli abusi in divisa, in nottata famiglia e amici si sono ritrovati in San Frediano, come ogni sera del 2, da allora. Oggi, alle 18, messa di suffragio in Santo Spirito.

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