Covid, Berti: "Tanti i casi di reinfezione. Ecco perché"

Il direttore del dipartimento di prevenzione della Asl centro: "Ricordiamo che la copertura vaccinale tende a ridursi nel tempo. Fondamentale la mascherina nei luoghi affollati"

Il dottor Renzo Berti (Foto Attalmi)

Il dottor Renzo Berti (Foto Attalmi)

Firenze, 6 maggio 2022 - Tanti casi di reinfezione da Covid, nelle scuole rispuntano come funghi i casi di positività. Che cosa sta succedendo? Lo abbiamo chiesto a Renzo Berti, direttore del dipartimento di prevenzione della Asl centro. “E’ vero, specialmente le ultime varianti hanno avuto la capacità di infettare anche le persone vaccinate, che appunto sono protette dalla malattia ma non dall’infezione. Grazie al vaccino, sviluppano sintomi molto meno impegnativi - spiega Berti -. È anche vero che l’immunità che noi abbiamo è tarata in funzione della variante originaria, e non della Omicron. E poi ricordiamo che la copertura vaccinale tende a ridursi nel tempo. Pertanto, chi ha fatto l’ultimo richiamo più di quattro mesi fa è più a rischio”.

I casi di reinfenzione, spiega Berti, riguardano tutte le età. Se prima erano più protetti gli anziani e meno i giovani, adesso queste differenze non ci sono più. Dunque, chi deve stare più attento? “I fragili, per età o perchè hanno altre patologie”, risponde il direttore.

La buona notizia è che grazie ai medici di famiglia le somministrazioni di quarte dosi stanno crescendo. Ecco che ieri nell’Asl Toscana centro sono stati fatti 1963 vaccini. Di questi, 1481 sono quarte dosi. 390 le terze dosi e 67 le seconde. Ci sono state anche 25 persone che hanno fatto la prima. “Ogni giorno abbiamo qualche decina di prime vaccinazioni”, riferisce Berti. Che aggiunge: “1420 quarte dosi son state fatte dai medici di famiglia. Il loro impegno è fondamentale per far crescere i numeri”. In attesa che “in autunno arrivi il vaccino aggiornato per le varianti”, la raccomandazione resta quella di “utilizzare sempre la mascherina in caso di luoghi affollati”. “Non dimentichiamoci che la percentuale di positivi sui tamponi di prima diagnosi resta alta, al 70%”. Dunque, sempre prudenza.

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