Chiesanuova, piccolo borgo sospeso tra le colline di San Casciano e quelle del Chianti, per i fiorentini è sinonimo di schiacciata. Ultime propaggini del Chianti verso Firenze, primo villaggio fuori porta lungo la Volterrana è fermata obbligatoria nelle gite domenicali di ciclisti e biker d’Oltrarno per le merende, mèta di camminatori che brulicano per i sentieri tra i boschi e il lago – altro elemento iconico di Chiesanuova–, spezzafame di rito per cacciatori e fungaioli della Val di Pesa. Una tradizione che è diventata l’economia del paese e divide i ’merenderi’ in due fazioni, ognuna per la relativa bottega: quella di Giotto e quella della Graziella, due simboli di Chiesanuova, attività entrambe rilevate – prima Giotto, poi Graziella – da forni ancora più antichi. Laura Frosecchi, la vittima dell’omicidio di ieri, è la nuora di Graziella, che rilevò l’antico forno di Matilde. Gli alimentari hanno anche il merito di non essere solo una sosta per chi viene da fuori, ma pure un presidio del paese, ultime garitte contro quella desertificazione dei borghi che avvilisce la cinta periurbana. E schiacciata a parte, se in casa manca qualcosa, se non si vuole prendere la macchina per arrivare fino a Scandicci o a San Casciano, qui trovi ancora tutto o quasi. E se non c’è pronto, i negozianti lo preparano: una torta per una festa all’ultimo, i dolcetti per una cena romantica con la fidanzata.
Le due botteghe hanno saputo attirare non solo i fiorentini, ma ormai pure i turisti e le code si allungano per quel semplice rito che si perpetua nelle generazioni. Generazioni relativamente moderne, però, perché per quanto la schiacciata a Chiesanuova si faccia da sempre, per secoli il prodotto alimentare iconico è stato il pinolo, la cui raccolta coinvolgeva e dava lavoro a gran parte del paese. Una tradizione che ancora oggi si tramanda nella Festa del Pinolo. Le pinete della Sugana e della Canigiana erano generose del gustoso frutto: prima che l’abbandono della cura forestale e una malattia dei pini poi li rendessero merce rara, fino al Dopoguerra, la raccolta dei pinoli era una fiorente attività. Una delle ultime pinolaie vive, mestiere ormai scomparso su questi colli, è Aida Tellini, consigliera del locale circolo ricreativo – altro presidio del paese – e membro fondatore della festa.
"Per alcuni era un lavoro, per altri un arrotondamento, ma per tutto il paese in ogni caso una fonte di guadagno – aveva raccontato in un’intervista Aida –. Era bello, c’era la collaborazione di tutto il paese".
Carlo Casini