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Cronaca

Caso Scolopi, preside Di Cuffa: “La scena muta all’orale rischia di restare solo una moda”

“La protesta fine a se stessa è facilmente attaccabile, dà più l’idea di un giochino che di una battaglia consapevole. Serve una riflessione seria: la scuola deve cambiare”

Il preside del Sassetti Peruzzi, Osvaldo Di Cuffa (Foto Marco Mori/New Press Photo)

Il preside del Sassetti Peruzzi, Osvaldo Di Cuffa (Foto Marco Mori/New Press Photo)

Firenze, 12 luglio 2025 – “La protesta dei ragazzi può essere anche legittima, ma ha senso solo se ha una motivazione chiara e un obiettivo preciso. Altrimenti rischia di trasformarsi in una moda, in un gesto fine a se stesso”. Così Osvaldo Di Cuffa, dirigente scolastico dell’istituto tecnico e professionale Sassetti-Peruzzi, interviene sul caso degli Scolopi. 

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La protesta della ‘scena muta’ all’orale della Maturità negli ultimi giorni ha acceso il dibattito, specialmente dopo il caso di Firenze e della dura lettera della commissione d’esame. Di Cuffa guarda al fenomeno con attenzione, ma anche con spirito critico: “Sicuramente c’è disagio nei confronti della scuola e noi adulti abbiamo il dovere di ascoltare. Ma sarebbe opportuno che si creasse un vero dialogo, per capire da dove nasce la protesta e dove vuole arrivare. Così com’è, rischia di essere solo una sorta di challenge social, senza contenuto reale”.

Secondo il preside, quando manca un confronto aperto tra studenti e istituzioni scolastiche, il gesto individuale può essere facilmente frainteso e strumentalizzato. “Con proteste del genere – osserva – i ragazzi si espongono al rischio di essere percepiti come furbi, come se volessero semplicemente aggirare l’ostacolo. La protesta fine a se stessa è facilmente attaccabile, dà più l’idea di un giochino che di una battaglia consapevole”.

Di Cuffa sottolinea inoltre che non si è trattato, finora, di un movimento strutturato: “Nessun collettivo ha rivendicato queste scelte. Mi sembra una protesta nata da un singolo e proseguita per imitazione, senza un obiettivo realmente condiviso”.

Eppure, il problema esiste. “Il malessere c’è – ammette – e riguarda un sistema scolastico che evidentemente non risponde più fino in fondo ai bisogni delle nuove generazioni. Per questo serve una riflessione seria: la scuola deve cambiare. La società è cambiata, i ragazzi apprendono in modo diverso, e noi dobbiamo insegnare in modo più vicino a loro”.

Una delle criticità più evidenti? Il sistema dei crediti scolastici. “Non è possibile – afferma Di Cuffa – che cinque anni di scuola pesino solo per il 40% sul voto finale, mentre tre prove per il 60%. È un sistema sbilanciato, che non valorizza adeguatamente l’intero percorso degli studenti. Il ministro Valditara, più che minacciare bocciature nei confronti di chi dal prossimo anno farà scena muta all’orale della Maturità, dovrebbe cominciare proprio da qui: da una revisione seria e ragionata dei criteri di valutazione”.

Ma la questione non si esaurisce nella griglia dei punteggi. “Il vero nodo è anche un altro: come si trasmette oggi il sapere. Il livello di attenzione è cambiato, la lezione tradizionale spesso non funziona più. I docenti si sentono frustrati, perché non riescono a raggiungere gli obiettivi che si pongono. E i ragazzi si sentono scollegati da ciò che viene loro proposto”.

Di fronte a questa distanza crescente, conclude Di Cuffa, non bastano né le sanzioni né le etichette. “Serve una scuola che torni a interrogarsi su se stessa, capace di accogliere il disagio e di trasformarlo in un’occasione per ripensarsi. Solo così potremo rispondere davvero alle sfide educative di oggi”.