di Lisa Ciardi
I numeri dicono che i pediatri ci sono, ma crescono le proteste dei genitori che si trovano a dover cambiare medico a seguito di un pensionamento, in alcuni casi trovandolo a maggiore distanza da casa. Anche per i più piccoli, insomma, i servizi sanitari stanno registrando una serie di cambiamenti vissuti con difficoltà dalle famiglie, soprattutto nelle zone periferiche e nei Comuni più piccoli. Partendo dai numeri forniti dalla Asl Toscana Centro, nella città sono disponibili al momento 38 pediatri, che potrebbero assistere 39.900 bambini (massimale complessivo). I piccoli affidati alle loro cure sono 37.945, quindi con un totale di quasi 2mila posti disponibili. Situazione simile nell’hinterland, dove i numeri fotografano più posti delle necessità. Perché quindi le proteste? "Sono legate al fatto che a volte i genitori trovano il servizio più lontano da casa – spiega Valdo Flori, presidente della Fimp Toscana, la Federazione italiana medici pediatri –. La modalità di erogazione del servizio sta cambiando soprattutto per il calo demografico. Bisogna tenere presente che i pediatri vengono retribuiti in base al numero di pazienti assistiti, come accade per i medici di famiglia. Un tempo, quando la natalità era maggiore, era possibile garantire il servizio anche nei piccoli centri e nelle frazioni, che avevano comunque un numero sufficiente di bambini. Adesso siamo di fronte a una denatalità fortissima con la conseguenza che, in alcune zone, i pediatri si troverebbero pochi pazienti, rispetto ai 900 consentiti. In tal caso le aree vengono aggregate per far sì che l’incarico venga coperto".
Di conseguenza, mentre un tempo ogni area della città, ogni frazione e ogni piccolo paese aveva un suo pediatra, adesso capita che i genitori siano costretti a spostarsi. "A livello regionale, in dieci anni, i pediatri sono passati da 450 a 380 – continua Flori – e questo equivale a una minore capillarità nei piccoli centri. Il problema non è la mancanza di medici, ma il calo nel numero di bambini, che porta ad aggregare le zone". A questo problema si aggiungono alcuni aspetti burocratici che non agevolano la sostituzione dei dottori andati in pensione. "Quando un pediatra va in quiescenza viene valutato prima di tutto se assegnare i bambini ai colleghi già presenti, qualora abbiano un basso numero. In caso contrario l’area viene classificata come "zona carente" e si provvede a indire un ‘concorso’, una o due volte l’anno. Viene stilata una graduatoria e viene chiesta al vincitore la disponibilità. Se il medico rifiuta, si scorre la graduatoria, ma se accetta questa viene chiusa. E qui nasce il problema, perché se il pediatra ha poi un ripensamento, non è più possibile scorrere la graduatoria. Questo significa dover attendere altri sei mesi per ‘ribandire la zona carente’, con conseguenti disagi, attenuati dall’uso dei specializzandi che possono ricoprire incarichi provvisori".