
Il cantiere della Tav
Firenze, 7 aprile 2016 - "Un muro di gomma. In questi anni di rischieste di informazioni e chiarimenti dalla Ferrovie non abbiamo mai avuto risposte e neppure garanzie. Solo un generico ‘se ci saranno danni, li pagheremo noi’". Gilberto Baldazzi, il coordinatore nazionale dell’Uppi (l’Unione dei piccoli proprietari immobiliari) è un punto di riferimento per le centinaia di fiorentini che hanno casa lungo il tracciato sotto il quale la talpa mangerà la terra per far posto al tunnel Tav. Al momento non è in grado di dare risposte certe, nè indicazioni perché - dice - "non siamo neppure riusciti a farci dire a quale profondità scaverà la fresa".
Ma quali indicazioni dare allora ai proprietari che temono, a torto o a ragione, conseguenze per i loro immobili? Se dovesse spuntare una crepa su un muro a chi si dovrebbero chiedere i danni? E come? "I fiorentini possono continuare a rivolgersi a noi, andremo avanti cercando di capire come regolarci in vista dello scavo". Certo è che, al momento, si naviga a vista. Qualche anno fa, tanto per fare un esempio, quando lo scavo del tunnel sembrava imminente e ancora non erano arrivati i guai giudiziari nei cantieri su alcuni palazzi erano stati posizionati degli apparecchi che avrebbero dovuto registrare eventuali danni o ‘scosse’ dovute ai lavori. "Che fine hanno fatto? – si chiede Baldazzi – E’ difficile agire senza avere un vero e proprio interlocutore. A chi ci rivolgiamo? A Nodavia? A Ferrovie?".
"Se non sbaglio, per conto di Ferrovie, sono già stati fatti alcuni sopralluoghi negli stabili - dice invece Nino Scripelliti di Confedilizia - però i cittadini, per stare tranquilli, dovrebbero anche far certificare lo stato dei loro immobili prima dello scavo da un tecnico di fiducia. E farsi, eventualmente, assistere da un legale". Già, ma in quanti avranno la possibilità di farsi carico di una spesa preventiva del genere? Confedilizia è pronta "a mettere in campo tecnici e legali» per aiutare i fiorentini. «Però - precisa Scripelliti - sarebbe necessario creare una sorta di piattaforma assieme a un ente pubblico, il Comune o la Regione". La questione resta dunque aperta ma le soluzioni, sul tavolo, ci sarebbero già. La più praticabile sembra appunto quella della costituzione di una sorta di ‘class action preventiva’ in grado di ridurre al minimo eventuali spese e di garantire al contempo ai proprietari della case «a rischio» una certa tranquillità in vista dell’avvio dello scavo.