ILARIA ULIVELLI
Cronaca

Panariello: "Con Maurizio ho tolto la maschera"

L’attore toscano divenne famoso a livello nazionale grazie al Costanzo Show: "Vi racconto com’è cominciata la favola mia"

Panariello: "Con Maurizio ho tolto la maschera"

di Ilaria Ulivelli

Sipario. E poi "grazie Maurizio". Alle prove al Teatro Verdi di Firenze arriva la notizia della morte del condottiero. Di colui che con il suo show aveva il potere di lanciare talenti nell’orbita spettacolare. Inattesa. Come un tonfo sordo dalle parti dell’anima. Proprio mentre l’attore, in tour nei teatri, celebra la sua carriera. E, in qualche modo, fa pace con il suo passato. Inaspettata, come le cose che non si vorrebbe accadessero.

Per Giorgio Panariello il palcoscenico di Maurizio Costanzo è stato l’inzio del capitolo fondamentale della sua vita artistica, il principio di quella ’Favola mia’, il titolo dello spettacolo che adesso porta in giro, che lo ha sdoganato a mattatore della comicità, cancellando definitivamente quei perimetri regionali che andavano stretti alla sua spontanea dote di suscitare il riso e, come tutti i grandi, di andare in punta di piedi sull’orlo della malinconia. Al Maurizio Costanzo Show ci era arrivato da toscanaccio rodato, con le ossa da top player fatte in casa, già da più d’un decennio di successi. "Era una persona carismatica Maurizio, emozionante – racconta Panariello – La prima volta mi invitò tra il pubblico e sbagliò anche il mio nome. Ma io fui brillante, gli piacqui e mi invitò su". E’ il nuovo inizio. "La prima volta al suo show mi tremavano le gambe, perché con un solo sguardo Costanzo aveva il potere di favorire o troncare una carriera – è forte il ricordo di quelle notti romane – Perché se è vero che lui ha lanciato tanti talenti, là sopra potevi anche chiudere per sempre". Sono state tante le passerelle a bordo palco. E l’incontro tra Panariello e Costanzo è stato fondamentale per l’attore toscano, non solo perché "mi ha presentato al grande pubblico nazionale", "ma anche perché mi ha dato il coraggio di liberarmi dalla maschera dei miei personaggi – racconta – Mi chiedeva di improvvisare, mi spingeva nei monologhi". Nudo, senza la galleria di macchiette che faceva impazzire il suo pubblico, Panariello nasce una seconda volta e diventa se stesso.

Al Costanzo show si cuce il rapporto con il regista Giampiero Solari che con ’Boati di silenzio’ (nel 1997) lo lancia definitivamente in orbita. Sempre con lo zampino della ’camicia coi baffi’. Già, perché era stato Costanzo, da direttore artistico del teatro romano Parioli, a mettere in cartellone lo spettacolo di Panariello. Due settimane sotto Natale. La chiave di volta. In prima fila arrivarono il capostruttura Rai Mario Maffucci e il direttore di Raiuno Agostino Saccà: fu lui a prendere appunti e a memorizzare che questo era uno fortissimo. E lo volle per la grande soirée della rete ammiraglia, con ’Torno sabato’. Ma come arrivò a Roma Giorgio, con quella sua testa di riccioli? Si era appena affacciato alla ribalta nazionale: faceva i pienoni a teatro da Ferrara a Viterbo con il suo ’Panariello show’ e in tv le reti di Cecchi Gori avevano promosso in prima serata le risate del gruppone di comici toscani rigenerando la "Vernice" in "Aria fresca". Era il 1995 e Giorgio Panariello era maturo, pronto per la scena nazionale che un pezzo alla volta i suoi compagni d’avventura Carlo Conti (già vincitore di Telegatti con ’Big!’ e incamminato verso maggiori successi) e Leonardo Pieraccioni (con ’I laureati’ proprio in quell’anno) stavano conquistando. L’anno dopo toccò a lui. Anche se fino a quando Giorgio non accarezzò il velluto rosso e ruvido della platea del Parioli, aveva continuato a chiedere di portarlo a Roma al suo impresario Fernando Capecchi, una leggenda da Ramini, la minuscola frazione di Pistoia. Non fu lui che Panariello aveva trasformato in Nando – uno dei suoi personaggi, chi non ricorda il tormentone ’Roberta, saluta tutti eh?’ – a portarcelo. Lui temeva fosse presto per quel rischioso passaggio. La conquista di Roma arriva grazie alla sua bravura e alla sua tenacia. E alla cocciuta ostinazione dell’amica giornalista fiorentina che col pungolo della sua compagna del tempo e di una vita – ombra e anima – non mollò mai fino a quando si aprì il sipario e furono applausi. All’infinito.