REDAZIONE FIRENZE

Open, fondazione o partito? Il braccio di ferro davanti ai giudici

Super avvocati per demolire l’assunto della Procura. La ricostruzione tecnica dell’inchiesta

di Stefano Brogioni

FIRENZE

La questione Open ruota intorno a due articoli di legge: la prima risale al 1974 - la cosiddetta ’legge Piccoli’, proposta dal parlamentare Dc Flaminio Piccoli-, la seconda al 1981. Sono le leggi che disciplinano i contributi ai partiti e la "trasparenza" sulle donazioni, argomento integrato anche nella più recente "Spazzacorrotti". La donazione a un partito implica una serie di obblighi di trasparenza. Più snello l’iter di un contributo liberale a una donazione.

Open, che ha chiuso l’attività nel 2018, ha vissuto prima dell’ultima evoluzione legislativa. E l’etichetta di "articolazione di partito" gliel’hanno affibbiata i magistrati fiorentini spulciando nei conti correnti sequestrati in un paio di perquisizioni – una a settembre, l’altra a novembre – nello studio di via Palestro dell’avvocato, Alberto Bianchi, che è sempre stato il vertice di un cda composto dal giglio magico Lotti-Boschi, più Marco Carrai.

Articolazione di partito perché, si legge nell’avviso a comparire recapitato la settimana scorsa ai 5 indagati, hanno ricevuto 7,2 milioni di contributi dagli sponsor e li hanno diretti "a sostenere l’attività politica di Renzi, Lotti e Boschi e della corrente renziana", all’epoca interna al Pd.

Come? Finanziando attività politiche, come la campagna per le primarie del Pd vinta da Renzi, o il comitato per il sì al referendum del 2016. Le prove, a sostegno di tale tesi, i magistrati se le sono procurate acquisendo l’archivio dei conti della Fondazione e l’elenco dei finanziatori - quello completo, che non era mai stato pubblicato sul sito per intero perché non tutti i finanziatori avevano dato l’assenso alla ’pubblicità’ - , poi rapporti bancari e corrispondenza telematica.

A dir la verità, l’assunto Open=partito era già stato dibattuto al tribunale del Riesame, e in prima istanza la procura di Firenze aveva portato a casa una pronuncia che cementava le fondamenta del castello accusatorio costruito dai pm Luca Turco e Antonino Nastasi. Per i giudici Elisabetta Pioli, Francesco Magi e Dolores Limongi gli "esiti investigativi", cioè i rimborsi spese e le carte di credito ai parlamentari, nonché il sostegno economico diretto al leader Renzi, consentono di configurare i presupposti del reato contestato, "in quanto la Fondazione Open appare aver agito, a prescindere dal suo scopo istituzionale, quale articolazione di partito".

Questa ordinanza, impugnata dai difensori di Carrai, gli avvocati Filippo Cei e Massimo Di Noia, è stata però parzialmente bocciata dalla sesta sezione penale della Cassazione, presieduta da Renato Giuseppe Bricchetti. I giudici hanno rimandato gli atti al Riesame, suggerendo di non fermarsi a "una mera coincidenza di finalità politiche" tra gli esponenti del partito e la Fondazione, "ma occorre anche una concreta simbiosi operativa, tale per cui la struttura esterna possa dirsi sostanzialmente inserita nell’azione del partito o di suoi esponenti".

Ci sarà dunque un’altra udienza al Riesame, dove son tornati gli atti (la stessa Cassazione ha invece totalmente annullato le perquisizioni ai donatori non indagati), ma al nuovo appuntamento davanti al tribunale si arriverà con un quadro sostanzialmente variato dal salto di qualità nelle contestazioni: gli indagati non sono più soltanto i ’raccoglitori di fondi’ Bianchi e Carrai, ma i magistrati hanno completato l’ipotesi accusatoria inserendo i politici.

E tra questi c’è Renzi, che ieri mattina, dopo la veemente reazione di sabato alla notizia degli avvisi di garanzia, ha salutato il suo popolo postando una foto sorridente, durante il footing mattutino, con il Ponte Vecchio alle spalle. Ma ora più che mai, le sorti degli indagati di Open sono affidate al faraonico pool difensivo. Già si ipotizza che agli interrogatori del 24, gli indagati non si presenteranno e affideranno la difesa agli scritti dei propri difensori.

La questione, d’altronde, è altamente tecnica: se Open ’resta’ una fondazione e non fa il salto in partito, le accuse si sbriciolano. La sensazione è che sarà comunque un giudice a stabilirlo. E a quell’appuntamento, il quintetto arriverà agguerritissimo. Renzi ha nominato come difensore Gian Domenico Caiazza, presidente delle Camere Penali; Lotti si è affidato a Franco Coppi, e la Boschi all’ex ministro Severino. Bianchi è difeso da Antonio D’Avirro.