
La nostra prova: centinaia di auto bloccate per la sostituzione delle barriere. Con la carreggiata libera il tempo di percorrenza è di appena 3 minuti.
di Gabriele Manfrin
Cantieri, code, clacson, inchiodate e un caldo tropicale. La fotografia restituita ieri dal ponte all’Indiano, con centinaia di auto ferme incolonnate nel traffico, è degna di un paesaggio infernale. Un viaggio di quattro chilometri, quello da via Baccio a Peretola, che per colpa dei lavori e dei restringimenti della carreggiata richiede addirittura 27 minuti: una mezz’ora scarsa certo,ma se paragonata ai 2 minuti e 50 che si impiegano a strada libera, appare come un’infinità. "Un’Odissea", come ha detto qualcuno dei dannati in coda. Un tempo di percorrenza praticamente decuplicato che, tra marmitte fumanti, sole a picco e imbottigliamenti, crea disagi enormi per i cittadini. L’intervento è necessario: ha lo scopo di sostituire e adeguare le barriere di sicurezza sul margine interno del ponte, ma dimezzando le corsie disponibili le ripercussioni sulla viabilità sono evidenti.
Dall’altezza del multisala fino alla fine dei cantieri (più o meno all’altezza del autovelox), è tutto paralizzato. La velocità di transito è inferiore al passo d’uomo. Se qualcuno decidesse di farsi il tratto a piedi, potrebbe tenere testa agli automobilisti bloccati nel traffico. Tra questi c’è chi sta andando al lavoro, chi deve scappare in università, chi è diretto all’aeroporto. Come Lorenzo, alla guida di una Fiat Panda bianca, espressione frenetica: deve correre a Peretola. "La nuova tata per i miei figli è atterrata, non parla italiano, è sola e non ha internet. Dovevo già essere da lei". In ritardo e bloccato in coda c’è anche uno studente, che racconta di avere un esame: "Per fortuna è orale, spero nella comprensione del prof, ma non è scontato".
Del resto il viadotto è un collegamento essenziale: congiunge quartieri residenziali come Ponte a Greve, Mantignano e l’Isolotto con le grandi infrastrutture come il Palazzo di giustizia, l’aeroporto Amerigo Vespucci, il polo di Scienze sociali e lo stesso Careggi. Il cantiere si trova incastrato tra i caratteristici piloni rossi del ponte, le immense colonne ormai innestate nello skyline fiorentino (il restringimento li precede di pochi metri), ma i disagi, venendo da via Baccio, iniziano molto prima. E non sono soltanto quelli bloccati in coda sul viadotto a dover stringere i denti: anche i guidatori sulle rampe d’ingresso lottano a colpi di freno e frizione per guadagnare qualche centimetro.
La corsia di immissione all’altezza di via Canova offre un’immagine emblematica: nonostante sia tutto bloccato, qui si procede ancora su due corsie, ma le auto che arrivano dall’Isolotto, pronte a immettersi sulla carreggiata, si trovano davanti un serpentone immobile fatto di lamiere e marmitte. E così anche la rampa si intasa, e le ripercussioni sul traffico dell’intera zona di via Canova piombano come un macigno.
Nel frattempo i tentativi di ingresso, alcuni maldestri, aggravano la situazione sul viadotto: inchiodate, colpi di clacson e discussioni sembrano una costante. Ma forse, bloccati nel traffico con il sole a picco, il termometro che segna 37 gradi e magari in ritardo al lavoro, il nervoso salirebbe quasi a tutti.