
FIRENZE "I nostri nonni le avrebbero fatte di legno, non certo di pietra". Sono le panchine di Piazza della Libertà, quelle...
FIRENZE"I nostri nonni le avrebbero fatte di legno, non certo di pietra". Sono le panchine di Piazza della Libertà, quelle che alcuni hanno soprannominato macabramente ’bare’. Perché sono rettangolari e sono chiare, poste in mezzo a un’isola d’asfalto. In mezzo al traffico, tra le auto che vanno in direzione piazza Beccaria e una fermata del 25, il bus, che è anche difficile aspettare. Dall’altra parte sono cinte anche dalle rotaie del tram che va in San Marco. Ci sono alcune persone che aspettano il 25, sono sedute e sudate, sulle panchine roventi. Sì, perché ora che la colonnina del termometro si è alzata oltre i trenta gradi aspettare il mezzo che ti trasporta verso casa dopo un giorno di lavoro sembra quasi una tortura.
"Aspettiamo, ma qui si potrebbe cuocere un hamburger", dicono Benedetta, Giuseppe e Rosa. Sono le 16, il sole è forte e in pochissimo sentiamo comparire anche l’arsura. Altri se ne stanno sotto gli alberi di piazza della Libertà e sotto i portici, con il rischio però di perdere il bus, se fa una fermata veloce e se non riescono ad avere il verde al semaforo. Benedetta, infatti, ci dice anche che "non hanno pensato neppure a un riparo". E meno male sono bianche, le sedute, aggiungiamo noi.
Tornano da una giornata di lavoro e Benedetta è anche ipovedente. Ci racconta che i bus passano sempre in ritardo, quando non saltano le corse, e che spesso le linee sono deviate. Spesso non è semplice per lei, perché si deve far aiutare, oppure deve utilizzare il cellulare, che con un’applicazione apposita riesce a leggerle i cartelli. Ed è un disagio anche per Rosa e Giuseppe, che non sanno mai quando rincasano. E a questo si aggiunge il sole, le panchine di pietra, calde, e l’ombra che non arriva, un po’ come il bus d’altronde. Quando li lasciamo, il sole è ancora alto, dà fastidio e il 25 non appare all’orizzonte.
Lorenzo Ottanelli