
Davide Astori, Piermario Morosini, Mattia Giani. Tre giovani, tre atleti, tre cuori fermati di colpo da un nemico invisibile. Identica...
Davide Astori, Piermario Morosini, Mattia Giani. Tre giovani, tre atleti, tre cuori fermati di colpo da un nemico invisibile. Identica diagnosi: cardiomiopatia aritmogena. Una malattia difficile da diagnosticare, soprattutto agli esordi, che può trasformarsi in un cortocircuito fatale. La Toscana, segnata da queste perdite, ha reagito: è la prima regione in Italia ad essersi dotata una legge pionieristica per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa giovanile. Una legge che nasce dalla collaborazione tra la Scuola Superiore Sant’Anna e la Fondazione Monasterio di Pisa e il centro per le cardiomiopatie di Careggi diretto dal professor Iacopo Olivotto.
Uno degli artefici, l’ideatore di questo progetto è il professor Michele Emdin, cardiologo, coordinatore del Centro Interdisciplinare Health Science della Scuola Sant’Anna e direttore del dipartimento cardiotoracico della Fondazione Monasterio, insieme al cardiologo Alberto Giannoni e ai giuristi Emanuele Rossi e Fabio Pacini.
Professore, la morte cardiaca improvvisa sembra un fulmine a ciel sereno. Ci sono avvisaglie dell’addensamento di nubi?
"È una domanda centrale, perché il nemico cambia a seconda dell’età. Oltre i 50 anni, le cause più comuni sono infarto e ictus. Ma quando la tragedia colpisce un giovane, dobbiamo guardare altrove. Sotto i 50 anni, i principali responsabili sono le cardiomiopatie: il muscolo cardiaco che si ammala, si inspessisce o si indebolisce, creando le condizioni per un corto circuito elettrico. Poi ci sono le canalopatie, ancora più subdole: qui il cuore è sano, ma il difetto è nell’impianto elettrico che regola la sua attività".
La cosa più spaventosa è che spesso queste persone sembrano sanissime. Come si fa a scoprire un nemico che non dà sintomi?
"Purtroppo, spesso la morte improvvisa è la prima, e ultima, manifestazione della malattia. Ma non siamo del tutto ciechi: la storia familiare è un indizio potentissimo. Queste sono spesso malattie genetiche, scritte nel nostro DNA. Per questo la collaborazione con centri altamente specializzati, come quello del professor Olivotto a Careggi, è fondamentale: la loro esperienza clinica è la chiave per la diagnosi e la prevenzione".
Arriviamo quindi alla nuova legge toscana: un cambio di paradigma.
"La filosofia è semplice: passare da una medicina di attesa a una medicina di iniziativa. Non aspettiamo che la tragedia accada, ma andiamo a cercarla e a disinnescarla. La legge si regge su tre pilastri: mappare il rischio, intercettarlo precocemente, creare una rete di sicurezza".
Mappare il rischio: come funziona, in concreto, il “Registro delle morti improvvise”?
"È il cuore della legge. Non è un archivio statico, ma uno strumento di prevenzione attiva. Di fronte a una morte improvvisa sotto i 50 anni, o a una persona rianimata, la legge prevede di contattare la famiglia e offrire uno screening cardiologico e genetico ai parenti di primo grado. Così una tragedia diventa un’occasione di salvezza".
Il secondo pilastro è nelle scuole.
"La legge introduce uno screening con elettrocardiogramma per i ragazzi del terzo anno delle superiori. Non è solo un atto medico: è educazione alla prevenzione. Diventa sistematico ciò che abbiamo sperimentato con il progetto ’Just’: lì abbiamo trovato un caso a rischio ogni 250 studenti, un numero enorme".
E infine la rete di sicurezza.
"Qui la legge interviene sulla comunità: prevede corsi di formazione per docenti, allenatori e studenti maggiorenni. Non basta avere un defibrillatore, bisogna saperlo usare. L’obiettivo è creare una comunità cardioprotetta. Più persone formate e più defibrillatori, più vite salvate".
Cosa succede nei minuti dopo un arresto cardiaco?
"Parte un cronometro spietato. Il cervello non resiste senza ossigeno. Se il massaggio cardiaco e, se serve, la scarica del defibrillatore arrivano entro 4 minuti, la sopravvivenza è del 30%. A 7 minuti scende al 20%. A 10, resta tra il 2% e l’8%. Fuori da questi tempi restano i danni cerebrali permanenti e, infine, la morte".
Una legge che è una vittoria sul destino?
"È nata dal dolore ma costruita sulla scienza. Unisce genetica, clinica, scuola e comunità in un’unica alleanza. Non possiamo restituire ciò che è stato perso, ma possiamo impedire che altre famiglie conoscano lo stesso dolore. Questa è la vera eredità che vogliamo lasciare".