STEFANO BROGIONI
Cronaca

Una mamma a un bivio: "Dovrò licenziarmi, altrimenti non potrò accudire mio figlio"

La sua sede di lavoro cambia, da Firenze alla Campania. E i giudici: "In caso di trasferimento il bambino non cambi città, deve vedere il padre"

Una mamma con suo figlio (foto repertorio Ansa)

Una mamma con suo figlio (foto repertorio Ansa)

Firenze, 5 agosto 2023 – L’azienda per cui lavora le impone un trasferimento da Firenze alla Campania. E lei, madre di un bambino di due anni e mezzo e con un procedimento di volontaria giurisdizione in corso per l’affidamento del figlio, si trova davanti a un bivio: scegliere di fare la mamma o di mantenere la sua attuale occupazione.

Un decreto del tribunale civile di Firenze, infatti, ha stabilito che se la donna, 45 anni, dipendente di una multinazionale, accetterà il trasferimento nella sede in provincia di Salerno, il bambino non potrà seguirla. Perché, secondo il tribunale, deve prevalere "la necessità di tutela del diritto del minore a mantenere un rapporto significativo e continuativo con il padre".

Con il trasferimento in Campania anche del bambino al seguito della madre, secondo il tribunale, "tale rapporto verrebbe fortemente compromesso".

Invece, si legge ancora nell’atto dello scorso luglio, "è necessario che sia consolidato il rapporto con il padre, che verrebbe, per contro, inficiato e reso difficoltoso in caso di trasferimento (...), considerato che va garantito in massima misura l’accesso del padre al figlio". Se la donna accetterà di cambiare sede di lavoro, e dunque, residenza, il piccino verrà affidato ai nonni paterni "ambiente familiare e noto al minore in quanto luogo valutato come adeguato ai bisogni evolutivi (...) con facoltà per la madre di vedere il figlio liberamente e quotidianamente prelevandolo presso l’abitazione dei nonni paterni, previo accordo con il padre, e di tenerlo con sé per tutta la durata del fine settimana, dal venerdì sera al lunedì mattina".

Se invece la donna resterà a Firenze, resterà a lei il collocamento prevalente del bambino, con due giorni alla settimana e due weekend al mese per il padre.

Ma la madre, assistita dagli avvocati Michele Sarno e Claudio Sansò, si sente stritolata da questo bivio. Per continuare a far la mamma, dovrebbe dire di no all’ordine dell’azienda e dunque licenziarsi. Per mantenere l’occupazione, invece, dovrà essere meno genitore. In più, nelle more del procedimento in corso, ha denunciato il consulente del tribunale che, a suo dire, avrebbe trasformato il procedimento "in un processo non imparziale, in cui sono stata non creduta, accusata, discriminata, mortificata, minacciata, costretta ad elemosinare giorni di vacanza, nonostante da sola, e l’aiuto della mia famiglia, abbia sempre provveduto ad accudire mio figlio, lavorando al contempo per assicurargli una dimora e un’educazione adeguata".

“Alla mia richiesta di autorizzazione allo stesso tribunale e allo stesso collegio di trasferirmi con mio figlio, per poter mantenere il posto di lavoro, viene emesso un provvedimento che, seppur provvisorio, mi invita a dover scegliere tra il lavoro e mio figlio - si sfoga la donna -. Un provvedimento che affida mio figlio ai servizi sociali, e che prevede, nel caso io volessi accettare il trasferimento, il suo collocamento presso l’abitazione dei nonni paterni con il padre. Nel caso invece scegliessi di tenere con me mio figlio sarò costretta a restare a Firenze, da disoccupata e quindi privata delle risorse che fino ad ora hanno consentito di garantire una vita dignitosa a me e a mio figlio, sarò quindi costretta a vivere di sussidi, privata di dignità, annientata come professionista, come persona e probabilmente pian piano anche come madre".