LUCA SCARLINI
Cronaca

L’importanza di chiamarsi Ernesto. Il visionario Michahelles-Thayaht

Fu il creatore della tuta negli anni ’20, un capo nuovo che aboliva censo e identificazione, lanciando il concetto di unisex

Fu il creatore della tuta negli anni ’20, un capo nuovo che aboliva censo e identificazione, lanciando il concetto di unisex

Fu il creatore della tuta negli anni ’20, un capo nuovo che aboliva censo e identificazione, lanciando il concetto di unisex

Luca Scarlini

Thayaht è un nome che ha una immediata risonanza esotica, voleva evocare fino dalla pronuncia, la Tahiti di Gauguin, il sapore di terre lontane. Ernesto Michahelles (1893-1959) volle rivoluzionare la moda, con un gesto determinante, categorico. In primo luogo incontrò la grande Madeleine Vionnet, la creatrice che aveva rivoluzionato la moda con i suoi abiti tagliati a sbieco: per lei disegnò nei primi anni Venti modelli e illustrazioni magnifiche, iniziando a riflettere allo stesso tempo su un nuovo modello di abito, che potesse riflettere la società attuale, che era fortemente assetata di un bisogno di rinnovamento.

Dotato di mezzi, acquistò diverse pagine su La Nazione tra il giugno e il luglio del 1920, per promuovere la sua rivoluzionaria tuta (a cui aveva collaborato anche il fratello Ruggero Alfredo, in arte Ram), un capo nuovo che aboliva censo e identificazione, determinando, di fatto, anche se l’artista aveva previsto una versione femminile e una maschile, il concetto di unisex, destinato a spopolare molto più tardi, negli anni Settanta. La stessa forma dell’abito trova la sua ragione di essere nella forma a T, che allude in modo geniale nella struttura alla prima lettera del suo nome. Il cartamodello indicava chiaramente il costo di realizzazione, che variava tra le trenta e quarantacinque lire, permettendo a ogni cittadino di realizzare in casa il proprio abito.

Il 27 giugno 1920 l’artista chiamò a raccolta mille fiorentini di ogni età, dai bambini agli anziani, per realizzare una grande dimostrazione. Un breve film ambientato al Piazzale Michelangelo mostra una popolazione integralmente vestita con quel capo, che faceva pensare alle uniformi da lavoro, ma anche alle divise dei cubofuturisti in Russia.

Fatalmente quel gesto artistico lo attrasse al movimento del Futurismo, a cui fu legato nei decenni seguenti. Come sempre accade per le invenzioni più rilevanti, il peso e l’impatto si comprendono con l’andare del tempo. I documenti di questa impresa sono nella casa-museo di Poggio Imperiale, che ha un vasto archivio curato da Riccardo Michahelles. Qui aveva la dimora e il suo studio il nonno, Hiram Powers, uno scultore americano, di stretta osservanza neoclassica, che divenne oltremodo celebre per il suo The Greek Slave.

Thayaht da giovane è stato raccontato assai bene da Fosco Maraini nelle pagine del suo romanzo autobiografico Case, amori, universi, uscito nel 1999, in cui lo presenta come un mago, nella moltiplicazione dei percorsi artistici che fu della sua esistenza. La moda rimase un suo interesse principale, seguendo da vicino le sperimentazioni futuriste.

Nel 1932, sermpre insieme al fratello Ram, elaborò un Manifesto per la trasformazione dell’abbigliamento maschile, che venne messo a punto, come molte delle sue creazioni alla Casa Gialla a Tonfano, vicino a Marina di Pietrasanta.

L’attività fisica è il punto di riferimento di questa idea: "Dobbiamo incoraggiare il gusto giovanile già esistente, ottimista e sportivo per un vestiario sintetico, arioso e fresco, non solo per l’uso nella campagna o al mare, ma anche nella vita quotidiana di città".

Oggetto, quindi, dell’idea dell’artista era il rifiuto della “infagottatura”, a favore di un criterio principale di economicità e praticità.

Negli anni Quaranta cercò di attivare una linea di abiti con la ditta Carlo Guido Villa, ma il lavoro non dette i risultati sperati. Il corpo ripristinato alla sua massima potenzialità, lontano dallo stress della metropoli, nella vita all’aria aperta, è una sua idea costante.

Negli anni Trenta fu invece fautore di un carro solare, propose una dieta agilizzante, un nuovo gioco detto dell’artetra, che coinvolgeva tutto il corpo. Nella visione di Thayaht il fisico era parte integrante dell’abito, a cui contribuì in modo innovativo e sorprendente, anche nel disegno delle linee per la spiaggia, ossia: “per il sole” e “contro il sole”.