EMANUELE BALDI
Cronaca

La storia del dj Marco Laschi: "Ragazzi, rialzatevi sempre"

Il dj Marco Laschi parla a cinque anni dal drammatico incidente

Il Dj Marco Laschi

Firenze, 9 agosto 2019 - «E COSTRUIREMO castelli nel cielo e nella sabbia disegneremo un mondo solo nostro». E Marco Laschi – dj fiorentino che da trent’anni spalma musica e brividi sonori in mezzo mondo – quando quella macchina, dopo un’inversione folle, gli tranciò la gamba destra urlò di dolore e poi iniziò subito a ricostruirselo, da zero, dalla sabbia, il suo castello, quel castello che Paul Kalkbrenner cantava nella sua Sky and Sand («Il pezzo della mia riscossa»). Un castello di tenacia, amore e voglia di rialzarsi.

Era il 23 luglio di cinque anni fa quando Marco rischiò di morire nell’intersezione tra via Duca di Calabria con la rotonda che precede l’immissione in autostrada, a due passi da Ponte a Ema. Si salvò. Con la testa, con il cuore. «La sera prima avevo visto Rambo alla televisione – racconta – Mi strinsi la cintura alla gamba allentando il flusso del sangue, in attesa dei soccorsi. Se non l’avessi fatto oggi non sarei qui. Quel film in un certo senso fu la mia salvezza». Ma questa ormai è una brutta, vecchia faccenda. Marco cinque anni dopo vuol parlare d’altro. Di grinta e di vita (prima però lancia un messaggio: «Non vorrei che si continuasse a costuire una città solo a misura di turista, dimenticando, o peggio, cancellando gli stalli per i disabili».

Grinta e vita, si diceva. «Dopo l’incidente ricominciai da zero. Anche salire uno scalino era diventata un’impresa, ma con la forza della musica, della mia famiglia e del mio pubblico sono andato avanti. Giorno dopo giorno. E per questo ora vorrei lanciare un appello a tutti: ‘Nonostante le difficoltà della vita, rialzatevi sempre. È la cosa più importante’ E ai giovani dico‘ State sempre attenti a tutto, basta un attimo e la vita cambia’». Servono ambizioni, sogni c’insegna Marco – uno che ha lavorato nei club di punta da Milano marittima, a Ibiza, a Roma – appena rientrato da Malta dove ha messo, come sempre, i suoi dischi facendo ballare migliaia di ragazzi in quest’estate rovente.

«Prima dell’incidente correvo anche venti chilometri al giorno, mi preparavo per la maratona di New York. Oggi che ovviamente non posso più farlo mi sto impegnando per fare i cento metri con la Nazionale disabili. Basta con la mentalità della carrozzina, io sono, anzi noi tutti siamo, dei disabili moderni. Diciamo 2.0». Cinque anni di sfide e un grazie enorme «a chi ha creduto in me, agli amici quelli veri e per tutto il resto sappiate che son proprio li dove pensate che io non ci sia proprio li dietro di voi pronto per il sorpasso». Una lezione, quella di Marco, da appuntarsi sul taccuino e da rileggere «quando uno si lamenta perché magari gli fa un po’ male la pancia».