
La vita, il dolore e i legami. La stagione di Carofiglio
Si intitola "La stagione bella" il nuovo romanzo (Garzanti) dello scrittore Francesco Carofiglio. Un testo che fa riflettere sulla vita, sulle scelte, sul dolore, sui legami familiari presentato domani alle 18 alla Libreria Rinascita Ubik di Sesto Fiorentino (prenotarsi allo 055-440107).
Carofiglio come è nato questo libro?
"E’ una storia che è nata anni fa, poi mi sono fermato, ho ripreso, mi sono fermato di nuovo, non mi sono sentito a lungo pronto per scriverla sebbene navigasse nella mia testa. Poi, a un certo punto scatta qualcosa, cominci a scrivere e ti immergi in quello che racconti. E’ la storia di due donne, madre e figlia, entrambe orfane di padre. Dopo la morte della madre Barbara per la protagonista, Viola, c’è la condizione dello spaesamento, della perdita degli appoggi, della consapevolezza che in quell’amore straordinario ci sono delle crepe, che diventano più profonde quando Viola, rimettendo in ordine la casa di sua madre, a un anno dalla sua morte, trova una scatola con fotografie, lettere e una audiocassetta che fanno riferimento al periodo in cui sua madre viveva a Parigi ed era una brillante italianista alla Sorbonne. Questo mondo per Viola è sconosciuto".
C’è qualche elemento autobiografico?
"Pur essendo una storia lontana da me ci sono degli elementi che mi appartengono: il discorso dei sensi, Viola che crea fragranze per una maison francese e prova a curare le ferite delle persone attraverso l’olfatto, l’ascolto del mondo attraverso il potenziamento dei sensi, che ho sviluppato negli anni. C’è poi un suono comune nelle giornate di Viola rispetto alle mie. Infine c’è la madre di Viola, che non è mia madre, ma anche mia madre, con cui ho avuto un legame strettissimo, è stata una brillante italianista e ha vissuto a Parigi in Sorbonne".
Lei ha vissuto a Firenze, che rapporto ha con la città?
"E’ una delle mie città dell’anima, ci ho vissuto 5 anni, mi sono laureato lì, avevo degli zii che amavo molto quindi per me è casa anche se adesso faccio fatica ad orientarmi. Tornando al mio passato fiorentino oggi penso a quanto mi sarei potuto più mettere in contatto con la città. Oltre a studiare ho fatto l’attore con Ugo Chiti e con Albertazzi, ma mi è mancato quello che facevano i miei colleghi di università, fare il cameriere in un pub o nei posti in cui ci si vedeva fra giovani. Se tornassi indietro curerei più questo aspetto".