Giuseppe Remuzzi*
Cronaca

La sanità per tutti: “Non si può rinunciare al diritto a curarsi”

Il libro ‘Si salvi chi può?’ e l’appello a un nuovo patto. Pubblico e privato insieme per salvare il sistema.

Giuseppe Remuzzi

Giuseppe Remuzzi

Roma, 19 ottobre 2025 – A rimetterci saranno i cittadini: i più fragili, i più poveri. Anziani, soli, dimenticati, sono costretti sempre più spesso a rinunciare alle cure. Non siamo i primi a dirlo, e non è una novità. C’è un precedente illustre che ha il significato di una profezia. Già nel 1945, il presidente americano Truman chiese un servizio sanitario per tutti i suoi cittadini. Un grande progetto che, nel Regno Unito e in Italia portò a sistemi di eccellenza. Ma il congresso statunitense fu contrario e, a ottant’anni di distanza, gli Stati Uniti hanno fallito, incapaci di proteggere i cittadini dal soffrire e morire senza ragione. In America, nessun settore della salute è immune dalla smodata ricerca del profitto, dalle compagnie farmaceutiche alle assicurazioni.

Il libro Si salvi chi può? offre una lucidissima, impietosa e meticolosa analisi di ciò che sta accadendo in Italia. Il Servizio sanitario nazionale, la cosa più preziosa che abbiamo, dovrebbe tornare al centro dell’agenda politica. Ma i dati sono impietosi: la rinuncia alle cure è ormai incompatibile con i principi di civiltà e democrazia. La legge Bindi ha creato un sistema a due velocità: gratuito ma lento (nel pubblico) e veloce ma a pagamento (nel privato). La malattia non può essere occasione di profitto. Eppure, non è tutto da buttare. La nostra sanità pubblica sa fare quello che ha saputo fare per Luca, un neonato in condizioni disperate salvato senza che la sua famiglia, di pastori, spendesse un euro. Che futuro può avere un Paese che non consente ai suoi cittadini l’accesso ai servizi essenziali?

Difendere la sanità pubblica non significa demonizzare il privato, che può essere una risorsa se inserito in un progetto strutturale con regia saldamente pubblica. Le organizzazioni private possono aiutare il pubblico dove questo è carente, a condizione che non duplichino i servizi, ma li integrino. A questo si aggiungono le differenze tra regioni sui Livelli essenziali di assistenza e le attese infinite nei pronto soccorso, causate da una sanità non governata e con reparti di medicina generale sottodimensionati. Dobbiamo aiutare questi medici e chiederci cosa può fare ciascuno di noi perché possano fare bene il proprio lavoro.

Due cose di cui non si parla mai: prevenzione e ricerca scientifica. Basterebbe alimentarsi correttamente per evitare il 50% di tutte le malattie. E non c’è buona cura senza ricerca. La ricerca non solo è essenziale, ma è anche il modo migliore per trattenere medici e infermieri negli ospedali, offrendo loro la possibilità di innovare con robotica, telemedicina e intelligenza artificiale. Facciamolo, per non ridurci a "si salvi chi può?".

* Ricercatore Istituto Mario Negri