di Marianna Grazi
Un’estate in viaggio tra città e provincia, tra grandi concerti e festival locali, dove ritrovare l’autenticità del fare musica dal basso. È partito da poco più di un mese il tour estivo dei Fast Animals and Slow Kids, band perugina alternative rock, che porta sui palchi italiani il nuovo disco Hotel Esistenza insieme ai brani più amati del loro repertorio. Una “Festa” itinerante che racconta la loro vita di musicisti tra autostrade, stanze d’albergo e autogrill. Dopo il debutto il 27 giugno nel senese con un live&talk, il 12 luglio saranno al Mengo Music Fest di Arezzo, festival che ha visto passare molti nomi importanti dell’indie e rock italiano contemporaneo.
Come sta andando il tour?
"Molto bene, siamo contenti. Rispetto al tour invernale nei club, che era un viaggio immersivo dentro l’immaginario di Hotel Esistenza, l’estate ci porta nei festival, contesti più eterogenei dove non ci esibiamo solo noi. È stimolante: ci sono persone venute per altri artisti che possiamo conquistare, e poi c’è l’energia di chi organizza eventi magari piccoli ma pieni di passione. È il bello dell’estate".
Una canzone del nuovo disco a cui siete più legati?
"Siamo divisi: due preferiscono Una vita normale, gli altri Santuario. Ogni disco ha la sua ‘preferita’, ma stavolta siamo in perfetta parità".
Cosa racconta Hotel Esistenza?
"Parla di tre anni intensi, personali e musicali. In un’epoca in cui tutto va veloce, prenderci il tempo per scrivere un disco è stata una scelta controcorrente. In mezzo c’è stata tanta musica: un tour europeo, uno nei teatri, concerti con orchestra sinfonica… e poi le nostre vite. Si parla di amore, tempo, paure. L’hotel è il luogo che più ci rappresenta: ci passiamo tantissimo tempo ed è diventato il contenitore perfetto per tutte le storie che raccontiamo. Ogni canzone è come un ospite con la sua vita e identità".
Partecipate spesso anche a piccoli festival in provincia. Perché questa scelta?
"Perché lì si regge davvero la musica dal vivo in Italia. Va bene suonare negli stadi, ma la spina dorsale della musica è nei festival locali. È importante che la musica arrivi ovunque. Siamo cresciuti in quella realtà, che oggi rischia di scomparire, soprattutto in inverno con i club e in estate se manca il supporto istituzionale."
Prendiamo l’esempio dell’Umbria che Spacca, che vi riguarda da vicino.
"È un festival che conosciamo bene: Aimone (Romizi, voce e chitarra, ndr) lo organizza ogni anno a Perugia. Si basa sul volontariato e sul supporto delle istituzioni, ed è l’esempio concreto di come si possa costruire qualcosa di importante partendo da zero. Siamo felici di suonare in realtà così, sostenerle e vederle crescere".
Il 12 luglio suonerete al Mengo di Arezzo: cosa significa per voi?
"È l’esempio perfetto di quello che dicevamo. Una città di provincia che dà spazio a nomi noti ma anche a esordienti o musicisti locali: una cosa tutt’altro che scontata oggi. È un festival storico, organizzato da amici. Collaboriamo con Woodworm, etichetta indipendente con sede ad Arezzo, dal nostro secondo disco Hỳbris, e ora anche per il management. È una seconda casa per noi, rivalità sportive a parte".