TITTI GIULIANI FOTI
Cronaca

"La Firenze dei rioni torni alla sua identità"

Fabrizio Borghini, giornalista e scrittore, mette a fuoco in un libro il cambiamento: "Prima e dopo l’alluvione, quando tutto è cambiato"

di Titti Giuliani Foti

"L’identità di Firenze? Per un periodo è sparita con la cancellazione della vita rionale. Quella che nasceva e si sviluppava attorno alle parrocchia, con momenti e luoghi di aggregazione. La città era divisa in rioni, equivalente di tanti piccoli paesi dentro al perimetro cittadino. C’erano Le Cure, San Gervasio, Gavinana, Porta Romana, Gavinana, il Pignone rioni riconoscibili che corrispondevano a comunità e adesso stanno in qualche modo rifiorendo". Fabrizio Borghini, scrittore e giornalista, sa bene questa storia: il libro "C’era una volta un rione a Firenze", (Masso delle Fate), da lui curato, è andato esaurito in pochi giorni. Un libro che racconta attraverso testimonianze e immagini in bianco e nero di fiorentini di diverse estrazioni sociali e culturali, infanzia e adolescenza della generazione del Secondo dopoguerra fino all’alluvione. Dal centro storico fino alle periferie di allora, tra le pagine, si rievocano giochi, personaggi, sagre, di una Firenze, antenata della città che è oggi.

Borghini, che è successo alla nostra identità?

"Per un periodo si serano perse le tracce di quel filo rosso che accomunava i bambini che vivevano le zone della città. Prima dell’ alluvione e della motorizzazione, quando le persone stavano nelle loro realtà non di quartiere – termine usato dalla burocrazia – ma proprio dei rioni. Fino a poco tempo fa è mancato quel tessuto sociale: la gente non viveva più nei luoghi di aggregazione, a parte rare eccezioni. Primo, perchè erano spariti i luoghi fisici, poi a causa della motorizzazione di massa".

In quanti anni era avvenuto il grande cambiamento?

"Dal 1946 al 1966 con l’alluvione che ha fatto da spartiacque. Poi, nei primi anni ’70, hanno iniziato a costruire i condomini, come a Rifredi. Il centro era considerato luogo da poveri e disoccupati: molte case, e non i palazzi blasonati, non avevano neppure la vasca da bagno".

E cosa succedeva nei rioni?

"Le persone per spostarsi, avevano biciclette o lambrette e la vita si svolgeva lì, in quelle piccole comunità autonome. Tutti però si ritrovavano nelle loro parrocchie, nelle case del popolo, il campetto di calcio, il mercato rionale, la bottega sotto casa, dove le massaie andavano coi quadernini a farsi scrivere quel che compravano, e pagarlo a fine mese. Qualche zona aveva anche il suo cimitero, come il Pino al Bandino, o Rifredi. Chi moriva ed era personaggio, andava alle Porte Sante".

Avrà notato che piano piano stiamo tornando un po’ a quei valori lì.

"In un certo senso è cosi: si sente la nuova necessità di ritrovare quel senso. Quella dimensione più umana, di rioni- piccolo paese dove tutti si conoscevano ed erano pronti ad aiutarsi".

Che ricordi ha del trapasso dei rioni?

"L’apertura del primo supermercato a Rifredi: pareva impossibile che quegli scaffali fossero pieni di scatole e barattoli mai visti prima, che si potessero prendere e mettere nel carrello. Fino al quel momento andavamo a comprare la pasta, e la vendevano sfusa: un limite svelato di colpo, senza pietà. Ma adesso forse è arrivato il tempo del riscatto delle piccol botteghe".