GABRIELE
Cronaca

La febbre di Careggi non ci rassicura

Gabriele

Canè

Certo, se il pronto soccorso si svuota, è segno di un disagio profondo, non solo post Covid. Certo, se altre sedi si rendono più attrattive dal punto di vista scientifico, delle strutture, anche dei guadagni (legittimi), non basta prenderne amaramente atto. Sarà anche il caso di incominciare a riflettere a tutti i livelli, soprattutto sul fatto che gli acquisti di pregio spesso diventano brevi parentesi. E che appare più ricco il mercato in uscita di quello in entrata (cosa che non succede al Meyer, ad esempio). Meccanismo da cui non nascono mai grandi squadre. Che vincono non solo con chi scende in campo, o in corsia, ma anche con gli allenatori e le società.

Come è noto, il valzer delle direzioni generali è già partito, e da quello che si può capire da chi se ne intende (soprattutto la collega Ulivelli) si muove sui consueti, inevitabili binari della politica, delle appartenenze, delle vicinanze. Questa è la regola della nostra sanità, e non si può far altro che dire che è una cattiva regola. Ovunque. Una regola che ricalca l’aneddoto caro a Bruno Vespa sugli ingressi in Rai nei tempi d’oro: su dieci assunzioni, quattro erano del Dc, tre del Pci, due del Psi e uno bravo. Il che non escludeva che tra gli altri nove ci fosse pure qualcuno bravo. Ma non era quella la priorità. Lo stesso succede nella sanità italiana a trazione regionale. Anche in Toscana, dove il ventaglio delle scelte è ancora più semplificato.

Sperando che alla fine prevalgano i bravi nelle sale comando. Perché solo così resteranno quelli bravi nelle sale operatorie.