L’8 settembre dei fiorentini

Nel luglio 1943 gli italiani al fronte, per non combattere contro i tedeschi, si arresero senza sparare un colpo. Alcuni decisero di resistere, come Mario Drigani e i capitani Pampaloni e Apollonio, ma furono sopraffatti. I soldati italiani pagarono un prezzo altissimo per la tragedia dell'8 settembre.

Nel luglio 1943 le persone più intelligenti capirono che la guerra dell’Italia al fianco della Germania era persa. Il 10 luglio gli angloamericani sbarcarono in Sicilia. Il 25 dello stesso mese, dopo la sfiducia del Gran consiglio del fascismo, il re Vittorio Emanuele III fece arrestare Mussolini. Cosa successe, in questi drammatici frangenti, ai soldati italiani sui fronti di guerra? Il 3 settembre il generale Castellano firmò la resa incondizionata agli angloamericani, che il re e Badoglio fecero passare per armistizio e cobelligeranza. L’8 settembre il maresciallo Badoglio, capo del governo, dichiarò cessate tutte le azioni militari contro gli Alleati e ordinò di rispondere agli attacchi provenienti da qualsiasi altra parte. Fu così? No. I generali italiani, al comando delle truppe al fronte, fecero di tutto per non combattere contro i nuovi nemici, i tedeschi. Questa fu la vera tragedia dell’8 settembre. Gastone Pallanti, mio padre, classe 1910, soldato della divisione Casale, di stanza al quartier generale italiano ad Atene, mi raccontò che i comandanti italiani ordinarono di arrendersi senza sparare un colpo, a cento tedeschi, che sarebbero stati facilmente sopraffatti se gli italiani avessero avuto l’ordine di sparare. Gastone fu deportato in Germania fino al ‘45. Sull’isola greca di Cefalonia, il generale Gandin, comandante della divisione Aqui, chiese ai soldati di pronunciarsi liberamente su cosa fare: scelsero di resistere. Fra questi soldati c’era Mario Drigani, fiorentino, classe 1921, che partecipò agli scontri armati contro le truppe germaniche che occuparono l’isola. Le due batterie di artiglieria che aprirono il fuoco contro i battelli che portavano i rinforzi tedeschi, erano comandate da due giovani capitani: il fiorentino Amos Pampaloni e il triestino Renzo Apollonio. Quando gli italiani dovettero arrendersi ai tedeschi, dopo asprissimi combattimenti con decine di morti e feriti e con l’esaurimento delle munizioni, andarono incontro a un massacro. Prima gli ufficiali furono uccisi con un colpo alla nuca. Pampaloni e Apollonio, feriti, si salvarono miracolosamente. Mario Drigani, scelto dai tedeschi per seppellire i morti, si salvò sfuggendo ai nazisti e combatté fino allo sbarco angloamericano a Cefalonia con la resistenza greca.

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