
Kata e i misteri dell’Astor Anche la famiglia del babbo aveva ‘comprato’ una stanza
di Stefano Brogioni
FIRENZE
All’hotel Astor non vivevano soltanto la mamma e lo zio di Kata, la bambina peruviana di cinque anni scomparsa ormai da più di un mese. Ma nelle stanze “comprate“ ai signori del racket, alloggiavano anche il nonno e lo zio paterno. Si allarga, dunque, la platea dei possibili dissapori maturati in una convivenza tutt’altro che facile fra un centinaio di occupanti, dove le liti erano all’ordine del giorno.
Tra i possibili moventi del rapimento della bimba, c’è quella della vendetta o della ritorsione nei confronti della famiglia. Famiglia che, oggi si scopre essere sempre più ampia e dunque qualcuno potrebbe aver maturato astio non soltanto nei confronti degli Alvarez, ma anche dei Chicllo.
Anche se, al momento, non è emerso in maniera nitida alcun movente che avrebbe potuto scatenare una punizione così pesante come questa.
Prosegue poi l’analisi delle telecamere intorno alla struttura, alla ricerca del dettaglio anche minimo che posssa indirizzare verso l’identità di chi ha portato Kata fuori dal perimetro dell’edificio.
La traccia al momento più consistente sembra quello che porta al retro dell’edificio, captata dalla telecamera della ditta di artigiani che confina con il muro posteriore dell’ex albergo, alto circa tre metri ma scavalcabile grazie alla presenza, in basso, di alcuni inerti.
Sabato 10 giugno, il giorno della scomparsa, in un orario posteriore all’ultima immmagine della bambina (registrata alle 15.13, mentre scende le scale esterne dell’immobile, diretta verso il piano terreno o il cortile), la telecamera posta sopra la porta del magazzino di una ditta (che ha l’uscita su via Monteverdi), avrebbe registrato un tonfo (cone qualcosa di abbastanza pesante che cade dall’alto) e il rumore di un motorino che parte.
E’ la traccia dell’uscita di Kata dall’Astor?
E quel motorino dove va?
Nella zona ci sono molte telecamere, anche private, che danno sulle vie che avrebbe potuto percorrere chi si è allontanato da lì con la bambina.
Ma, la parte finale di via Monteverdi (tra via Boccherini e il lungo Mugnone) sarebbe “cieca“, cioè priva di telecamere puntata direttamente sulla strada: il rapitore è passato proprio di lì?
Se così fosse, sembrerebbe un piano studiato e pianificato in ogni dettaglio.