ERIKA PONTINI
Cronaca

Ciclone Renzi, il Csm e lo scandalo. Ermini: “Ero su un treno a mille all’ora. Poi scelsi da che parte stare”

Vicepresidente dell’autogoverno delle toghe durante il caso Palamara. Lo strappo con l’ex premier. “Non risposi a Lotti per paura”. In classe con Sarri: “Dice che gli ho fatto perdere un derby”

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con David Ermini

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con David Ermini

Firenze, 14 settembre 2025 – David Ermini, è stato vicepresidente nel Csm della bufera, avvocato, deputato, ma la sua carriera politica è strettamente legata a Matteo Renzi. Come è stato al principio?

«Ci incontrammo in una pizzeria su invito di un amico comune. Era il 2000, Renzi era segretario provinciale del Partito Popolare e mi chiese di dare una mano. Mi candidai a sindaco a Figline nel 2001 contro i DS. Persi, arrivai al 27% contro il 50% dell’avversario, ma fu considerato un buon risultato che mi aprì le porte della politica locale».

Che Renzi era in quegli anni?

«Una persona che dava tantissima speranza. Quando giravamo per l’Italia la gente usciva dai negozi per salutarlo. Anche nelle case del popolo, gli ex comunisti dicevano: “Finalmente abbiamo qualcuno con cui vincere le elezioni”. Era pieno di idee, sapeva cosa voleva e aveva una linea politica definita. Anni bellissimi, io mi ci sono buttato anima e corpo. Ero su un treno che viaggiava a mille all’ora».

Poi viene eletto deputato nel 2013, ancora nel 2018 e arriva la chiamata al CSM…

«Nel luglio del 2018, Renzi mi chiamò per dirmi che sarei andato al Consiglio superiore della magistratura. Non era la mia ambizione, a me piaceva la politica, ma feci buon viso a cattivo gioco. Venni eletto vicepresidente in modo inaspettato. La cosa che colpì fu che non ebbi i voti dei laici, ma quelli dei magistrati di Unicost e MI (corrente di destra, ndr). Il gruppo di Davigo non mi votò, ma quello che mi fece dispiacere fu che Area non mi votò, Per uno di centrosinistra fu strano».

Maggio 2019, c’è un giorno in cui cambia tutto. Palamara è indagato a Perugia. Come lo ricorda?

«È il giorno in cui è cambiato il mondo. Al Csm ricevemmo dalla procura di Perugia la notizia che Palamara era indagato, informazione blindatissima. Lui era stato il leader di una delle correnti che mi aveva votato, la cosa mi preoccupò. Il giorno dopo Luca Lotti (allora ministro dello sport, ndr) mi mandò un messaggio per vederci, ma per paura che qualcuno avesse raccontato qualcosa non risposi né ai messaggi né alle telefonate. Non ci siamo più sentiti».

Quando scoprì dell’incontro tra toghe e politici per decidere le nomine all’hotel Champagne?

«Alla fine di maggio mentre ero in Sicilia. Il giorno dopo a Napoli, un giornalista mi disse che stavano perquisendo Palamara e che aveva un trojan nel telefono. Mi sentii morire. La segretaria generale del Consiglio successivamente mi avvertì che erano arrivate le intercettazioni. La mia prima domanda fu: “Di me che dicono?”. “Benissimo, te ne dicono di ogni colore…”».

Mai pensato di dimettersi?

«Fu dura, il Csm nella bufera, i cinque consiglieri che si dimisero… Ma quando parlai con il Quirinale e il presidente Mattarella mi disse che quando sarebbero subentrati i primi due nuovi membri del Consiglio sarebbe venuto lui stesso a Palazzo dei Marescialli, interpretai questa scelta come una legittimazione del Csm. Capii che non voleva che crollasse il Consiglio. Mi misi sulle spalle questa responsabilità, subendo attacchi di ogni tipo…e mi venne pure il fuoco di Sant’Antonio. Quando nel 2022 cadde il governo Draghi, non chiesi a Enrico Letta di ricandidarmi: non era giusto lasciare il Consiglio dopo quello che era successo».

Renzi l’ha accusata nel suo libro “Il Mostro”, e lei annunciò di rivolgersi all’autorità giudiziaria. Come è andata a finire?

«Mi descriveva come un “ignavo” e tanto altro. Risposi con un comunicato stampa poi lui nella riedizione modificò alcuni passaggi. Decisi di non fargli causa».

Renzi, Lotti… la ritennero un traditore…

«Dalle intercettazioni, captate prima della mia non risposta a Lotti non ho mai capito cosa volessero da me. Palamara poi disse: “David è stata la più bella vittoria del renzismo ma è stata una delusione perché non ci ha più considerati”. Qualcuno mi aveva chiesto di votare sugli incarichi direttivi, ma io non li votavo per principio, come vicepresidente».

Le deve essere costata?

«Ci sono attimi nella vita in cui devi decidere da che parte stare, questione di secondi. E io decisi di stare nella imparzialità che il ruolo di vicepresidente richiede. E come il Presidente aveva sempre detto già nel giorno del mio insediamento».

Ha rotto con tutti i suoi ex compagni di partito…

«Dal maggio 2019 non ho più sentito nessuno. Con Ferri (Cosimo, ndr) ci siamo incontrati e ci è scappato un ‘ciao’, niente di più. Con Renzi mi ha stupito quando in tv disse che non mi avrebbe voluto ricandidare alla Camera e che fu Lotti a insistere. Ma se non mi voleva perché mi ha mandato al Csm?».

E’ tornato a fare l’avvocato. Addio definitivo alla politica?

«Mai dire mai. Vedremo cosa succede. La politica è una passione che resta intatta, sono uno di quelli che andò alla prima assemblea di Veltroni. Ma sono stato contento di rimettermi la toga: a Firenze l’Ordine degli Avvocati e i colleghi mi hanno accolto straordinariamente, è stato come tornare a casa dopo anni. Adesso lavoro nello studio di Francesco Maresca».

E la politica?

«Mi avevano chiesto di fare il sindaco a Figline-Incisa, mai in modo ufficiale, Ho detto no. Però non lo escludo. Sono contento perché mi chiamano ovunque a parlare di politica giudiziaria, tranne che a Firenze…».

Ha mollato la direzione del Pd dopo il caso Spinelli. Perché?

“Era nata una polemica sull’incarico professionale che non riguardava Spinelli ma solo la gestione delle aziende e la tutela dei posti di lavoro. Per non creare imbarazzo al partito ho scelto di dimettermi”.

Campo largo, che ne pensa?

“Tenere il presidente Giani quattro mesi in bilico è stato un errore per il Pd, non per la coalizione. Al campo largo non sono favorevole perché ti porta alla ingovernabilità. Ma ci sono le Politiche 2027 e quella legislatura eleggerà il nuovo presidente della Repubblica. L’unica vera ragione per cui ritengo che andasse fatto l’accordo”.

Le piace la riforma della giustizia del governo Meloni?

«Non mi piace per niente. Sarà un boomerang per gli avvocati perché i pm avranno un Csm autonomo e l’esercito della polizia giudiziaria. Disponibilità che gli avvocati non avranno mai. Inoltre non aiuterà minimamente i cittadini: né sui tempi, né sui costi, né sugli errori giudiziari».

Con il presidente Mattarella si è più visto o sentito?

"Mi ha ricevuto anche dopo l’esperienza del Consiglio e sono sempre in buoni rapporti con i suoi Uffici, per me è stato una guida umana, giuridica, politica, istituzionale. Personaggi di cui si è perso lo stampo”.

Ermini, era compagno di scuola di Maurizio Sarri, com’era?

«Bravissimo intelligenza superiore. Diceva che io ero il democristiano e lui il comunista».

Poi è andato al Napoli, al Chelsea, alla Juve e alla Lazio…

«Lasci stare. Andai a vedere il derby di nascosto, comprai il biglietto in tribunale laterale. Mi vide il figlio. Al 3-0 per la Roma mi scrisse un amico di Figline scherzando sul fatto che era meglio che me ne andassi. Lasciai l’Olimpico. Maurizio me lo ha rinfacciato. ‘E’ l’unico derby che ho perso’…».

Ne avrebbe cose da raccontare…

«Sto scrivendo un libro, la mia passione sarebbe stata fare il giornalista. E invece...».