Francesco
Vermigli
Mi diceva in questi giorni una persona di non riuscire a vedere un passo più in là dei
problemi di ogni giorno. Mentre parlava, ho pensato che così accade a molti. Si
potrebbe chiamare la ’dittatura del presente’. Siamo tanto presi dalle preoccupazioni
della quotidianità, che non riusciamo a scorgere il futuro. In altri termini, il presente
faticoso e complesso ci toglie il desiderio e la speranza. Ci toglie il domani. A scorgere, a guardare, a vedere cosa accade ci invita invece il Vangelo di questa
domenica (Marco 13,24-32). Un Vangelo forte nei toni. Un Vangelo in cui Gesù
parla della definitiva manifestazione di Dio. E per questo invita a scorgere i segni che il tempo si sta avvicinando. Bella, bellissima nella sua semplicità l’immagine del
fico: se lo guardo e scorgo che sta mettendo le foglie, dice Gesù, capisco che sta
arrivando l’estate. Pensiamo bene a quello che dice Gesù in questo Vangelo: egli tornerà nella gloria e raccoglierà attorno a sé quelli che hanno creduto in lui. Gesù parla di un momento di verità e di speranza. La speranza è ciò a cui tendiamo con il nostro cuore. Un altro nome della speranza è ’desiderio’: quella spinta, cioè, che ci fa tendere al domani, oltre ogni preoccupazione del presente. Impariamo a guardare, dunque, per vedere e per scorgere. Che cosa? I segni di un domani diverso. I segni che ci dicono che il domani è pieno di nuove potenzialità. Che il domani è nelle nostre mani. E,
soprattutto, nelle mani di colui il cui insegnamento, le cui parole "non passeranno".