Ilaria
Ulivelli
Da un egoismo a un altro. In una parabola paradossale che, per quanto assurda, era comunque attesa. Noi popolo italico e noi toscani generosi quasi per definizione, impegnati nel volontariato, in prima linea nelle catastrofi, sempre pronti a dare una mano al prossimo, per un vaccino in anticipo ci siamo sorpresi a rubare il posto a chi ne aveva più bisogno. Una corsa delle più sciagurate, della serie io son più furbo e mi proteggo prima di te, sintomo di un egoismo malato che mai c’era appartenuto. Poi, con un salto carpiato, e gli innumerevoli errori commessi in mezzo, siamo approdati a un nuovo egoismo, non peggiore né migliore del precedente: vai avanti tu che mi proteggi perché io il vaccino non me lo faccio. Quando non c’erano, lo scetticismo era rivolto alla scienza che in un tempo così breve mai avrebbe potuto, si temeva, trovare vaccini sogno di liberazione dal male. Quando sono arrivati per la gioia di tutti ma ce n’erano pochi, presto sono diventati come l’oro per zio Paperone: bramati al punto da far commettere nefandezze. Quando poi, per completare l’opera, sarebbe bastato vaccinarsi, sono cominciati i capricci, le miscredenze, le castronerie. Lecito avere timore e chiedere spiegazioni e garanzie. Ma un margine di rischio ci sarà sempre: è un farmaco e, per quanto sicuro, può far male. Anche gli antibiotici e l’aspirina possono uccidere e lo fanno, per shock anafilattico e altro. Chiunque si sia vaccinato non lo ha fatto a cuor leggero, ma per proteggersi e per proteggerci. Quella particella pronomimale ‘ci’ significa tanto. Quasi tutto. Dell’egoismo e delle sue derive ci dovremmo occupare. Da quella malattia grave di chi pensa solo per sé in tutte le declinazioni possibili. Non facendosi il vaccino, ma non solo. Tracce evidenti se ne ritrovano nelle abominevoli liti tra scienziati, nei terrificanti show della politica perennemente a caccia di voti e persino nelle mostruose gaffe a ripetizione che hanno demolito la reputazione di un vaccino: sarà stato davvero più dannoso degli altri? Molti studi sembrano dimostrare il contrario. Ma allora perché?