STEFANO BROGIONI
Cronaca

Il processo agli scavi Tav. Un condannato dopo 15 anni. Gli altri assolti o prescritti

Un anno e dieci mesi per gli smaltimenti di terre nella discarica di Rappuoli. L’inchiesta culminò nel 2013 nel sequestro della talpa Monna Lisa. .

Oggi gli scavi proseguono con una nuova talpa

Oggi gli scavi proseguono con una nuova talpa

FIRENZEDopo quindici anni di indagini e più di un lustro di processo, il processo Tav ha partorito una sola condanna e una raffica di assoluzioni, in primo grado, laddove i reati non sono stati dichiarati prescritti. E’ finita con un risultato che soddisfa assai gli avvocati difensori, che hanno respinto al mittente richieste di risarcimento milionarie, il processo per i presunti reati ambientali connessi allo smaltimento dei fanghi di scavo che avrebbero accompagnato la “fase 1“ del cantiere del sottoattraversamento cittadino. Un’indagine cominciata nel 2010 che culminò, tre anni dopo, nel sequestro della “talpa“ (che era stata battezzata Monna Lisa) e dei conci, ovvero i rivestimenti che avrebbero dovuto foderare il maxi tunnel sotto la città che, ancora oggi, si sta scavando. Anche se il cantiere non venne mai interessato dai provvedimenti dell’autorità giudiziaria, di fatto la grande opera si fermò per molto tempo.

Ma neanche il processo ha galoppato. Basti pensare che tra le richieste della pubblica accusa (avanzate dal pubblico ministero Giulio Monferini, oggi in Cassazione) e la lettura della sentenza di ieri da parte del collegio presieduto dalla dottoressa Paola Belsito, sono passati quasi dieci mesi. D’altronde erano anche tanti gli imputati a giudizio. Solo uno, Oliviero Bencini (avvocato Antonio Voce) è stato condannato, alla pena di un anno e dieci mesi, relativamente alla discarica di Rappuoli, a Campati di Scarperia, sito che dovrà anche provvedere a ripristinare dal punto di vista ambientale. Per quanto riguarda i risarcimenti, dovuti alla Regione Toscana, saranno quantificati in sede civile. Il consorzio Nodavia è stato ritenuto responsabile dell’illecito amministrativo per un episodio, che i giudici hanno quantificato nel pagamento di 200 quote da 500 euro cadauna.

Tutti gli altri imputati (Paolo Bolondi, Matteo Forlani, Franco Varvarito, David Giorgetti, Stefano Bacci, Matteo Bettoja, Lazzaro Ventrone, Valerio Lombardi, Renato Casale, difesi dagli avvocati Antonella Fondacaro, Luca Brachi, Duccio Bertini, Laura Bonifazi, Enrico Zurli, Luca Bisori, Michele Ducci, Lisa Parrini, Michele D’Avirro, Marco Giglioli, Alessio Di Amato) sono stati assolti o le accuse sono state dichiarate prescritte. E e gli altri illeciti amministrativi contestati alle altre società (Nodavia, Seli, Veca Sud, Hydra, Htr, Coopsette, Varvarito Lavori) sono stati giudicati insussistenti.

"Nessuno sapeva cosa avrebbe prodotto la fresa", aveva ricordato il pm Monferini prima di chiedere condanne fino a cinque anni. Tuttavia, anche se il processo si è chiuso (anche per il tempo trascorso) con quasi nulla di fatto, l’inchiesta dei Ros ha quanto meno fatto prendere coscienza delle carenze legislative in materia di terre da scavo e dei necessari correttivi.

Oggi, dopo un lungo stop, i lavori della Tav non sono conclusi ma sono almeno ripartiti. Con una nuova fresa, Iris, e terre che raggiungono i siti destinati ad accoglierle tramite la ferrovia.

Stefano Brogioni