
Il nero Bellini cita Scalfaro: "Alle accuse di strage rispondo ’io non ci sto’"
FIRENZE
Dopo il generale Mori, anche Paolo Bellini è indagato a Firenze per le stragi del 1993.
E’ lo stesso Bellini a dirlo, nel corso del processo, davanti alla corte d’assise d’appello, per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, in cui l’ex esponente di Avanguardia Nazionale è stato condannato all’ergastolo in primo grado.
"Anche oggi sono stato chiamato in due procedimenti, in uno dei quali come collaboratore, ma non posso dire altro per rispetto dei magistrati", dice Bellini, che nel corso delle sue lunghissime dichiarazioni spontanee respinge le tesi dell’accusa riguardo al suo coinvolgimento negli attentati che colpirono l’Italia e che con l’autobomba di via dei Georgofili causarono cinque morti e danni inestimabili alla galleria degli Uffizi.
Secondo l’ipotesi dell’Antimafia di Firenze e Caltanissetta, Bellini, in contatto con il boss Antonino Gioè (con cui passò anche un periodo di detenzione) avrebbe ispirato Cosa nostra nel prendere di mira il patrimonio artistico, “suggerendo“ un attacco alla torre di Pisa.
Ma Bellini respinge ogni accusa. "Sono andato in Sicilia nel 1991 per un’attività di recpero crediti che facevo".
In quel caso, aggiunge, "dovevo recuperare tre miliardi, e in Sicilia se non hai le spalle coperte vai a fare il concime per gli aranceti".
Sul punto, l’ex ‘primula nera’ fa anche riferimento ad "una intercettazione dell’aprile ‘92 tra me e Antonino Gioè, che tratta del recupero crediti che ho iniziato nel 1991 e che è agli atti".
Bellini dichiara poi di essersi "infiltrato" in Cosa nostra nel 1992 "per recuperare i quadri rubati da Felice Maniero alla Pinacoteca di Modena. Fui autorizzato - aggiunge - dal maresciallo Tempesta, ora luogotenente, che mi disse che era stato autorizzato dal generale Mori".
Questo, dettaglia poi l’imputato per la strage di Bologna, avvenne "dopo le stragi di Falcone e Borsellino. Mi devo fermare qui perché c’è il segreto istruttorio, altrimenti ne avrei da dire a bizzeffe, ma se mi si accusa di mentire quando parlo del ‘92 ‘non ci sto’, come disse quello là (il riferimento è probabilmente a un discorso pronunciato nel ‘93 dall’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che utilizzò proprio l’espressione ‘non ci sto’, ndr)".
ste.bro.