Il marito è violento ma per la legge non è punibile. "E' depresso"

Il gip archivia il caso

Vessa la sorella a San Benedetto del Tronto

Vessa la sorella a San Benedetto del Tronto

Firenze, 22 giugno 2019 - È stato scagionato dall’accusa di lesioni, minacce, persino un inseguimento tra le mura domestiche brandendo un grosso coltello, perché la sua malattia è stata ritenuta così invalidante da escluderne la volontarietà delle azioni. Con questa motivazione il gip del tribunale di Firenze ha accolto la richiesta del pubblico ministero, archiviando la denuncia di una donna nei confronti del marito, da cui nel frattempo si è separata ma con il quale continua a convivere sotto lo stesso tetto, per l’impossibilità di trovare altre sistemazioni.

La coppia, originaria dell’Albania ma residente da molti anni a Firenze, ha tre figli, di cui uno ancora adolescente. Il marito ormai da alcuni anni si è gravemente ammalato di depressione, al punto da essere riconosciuto invalido e finire di fatto confinato in casa. Dopo qualche tempo però ha iniziato a manifestare segni di violenza nei confronti della moglie: insulti, lesioni, fino all’episodio dell’inseguimento con un coltellaccio da cucina. Da qui la denuncia per maltrattamenti, in una situazione di persistente disagio, perché né l’uomo può allontanarsi da casa né può farlo la moglie (anche per la presenza dei figli).

Ma dopo un anno di indagini, per la donna è arrivata l’amara sorpresa. Il pubblico ministero ha ritenuto che la patologia dell’uomo fosse la causa di quelle esplosioni di violenza e che per questo non poteva essere riconosciuta la sua colpevolezza. Questi i motivi per la richiesta di archiviazione che il gip ha poi accolto.

«Ci siamo opposti a questo provvedimento – spiega l’avvocato della donna, Saverio Giangrandi – chiedendo al tribunale di effettuare una perizia, perché se l’uomo è non punibile perché incapace di intendere e di volere allora sia valutata la sua pericolosità sociale e siano adottati provvedimenti conseguenti. Riteniamo che sia necessario intervenire perché la situazione è di oggettiva pericolosità».

Una riflessione, quella dell’avvocato Giangrandi, che vuole anche andare oltre la contingenza. «Si dice sempre – afferma – di segnalare gli episodi di violenza in famiglia, per evitare il rischio di pericolose degenerazioni. Ma se quando accade si arriva ad archiviazioni con motivazioni non logiche, allora il problema rimane». Nel caso specifico, «gli accertamenti non sono stati fatti e il rischio sussiste. Il diritto penale prevede una pena in caso di responsabilità, ma di fronte all’incapacità si possono emettere misure di sicurezza per arginare la pericolosità sociale».

Orlando Pacchiani

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