GIOVANNI
Cronaca

Il gioiello Firenze nelle parole di Calasso

Giovanni

Pallanti

Nel 1941 nacque a Firenze Roberto Calasso, scrittore ed editore di grande livello. Giovanissimo fondò a Roma la casa editrice Adelphi, specializzata in libri di estrema raffinatezza. Il 28 luglio di quest’anno, giorno della sua morte, è uscito un suo piccolo libro dove racconta la Firenze da lui vista fino al 1953. Ma quale è l’interesse per questa sua pubblicazione, dal titolo strano, Memè Scianca (era il suo soprannome da piccolo, da lui stesso inventato)? Roberto Calasso era il nipote di Ernesto Codignola, intellettuale e docente universitario fiorentino, amico e sodale di Giovanni Gentile, ucciso dai partigiani al Salviatino nel 1944. Codignola firmò il manifesto degli intellettuali fascisti del 1925. Per poi allontanarsi progressivamente dal fascismo fino a entrare nell’area antifascista insieme al figlio Tristano, poi senatore socialista. Calasso era il figlio di Melisenda, figlia di Ernesto e del professor Francesco Calasso, ordinario di Storia del diritto italiano all’Università di Firenze. Quando fu ucciso Gentile, fu preso in ostaggio dal prefetto Manganiello, per essere fucilato per rappresaglia dopo la morte del grande filosofo. Roberto Calasso racconta che fu salvato per intervento del console di Germania a Firenze, Wolf. Il nonno Ernesto aveva fondato la casa editrice Nuova Italia, e si capisce bene che l’origine di Calasso ha le sue radici a Firenze. E di questa città, nel piccolo libro di ricordi, Calasso evoca un mondo che non c’è più e che suscita commozione in chi l’ha visto. Scrive: "Via Tornabuoni, l’indiscussa via elegante di Firenze, si reggeva su quattro nomi: Giacosa, Procacci, Seeber, Doney. Due caffè, una drogheria, una libreria. Niente griffes, niente vestiti". L’esatto opposto della città iperturistica di oggi. Quella Firenze ha rappresentato, per Calasso e per chi l’ha vissuta, una dimensione semplice di bellezza che ha fatto diventare alcuni di loro protagonisti della cultura italiana ed europea.