REDAZIONE FIRENZE

Il gelataio Un secolo di dolcezze "Mai vista questa zona così vivace"

"Abbiamo sofferto anni per i lavori, ma ne è valsa la pena. Ora però temiamo i nuovi cantieri in arrivo". Presto la riapertura serale per l’estate ma resta il nodo del personale: "Difficile trovarlo, eppure è un bel lavoro".

Il gelataio Un secolo di dolcezze "Mai vista questa zona così vivace"

FIRENZE

Anno simbolico per il quartiere, il 1926. Dall’unione della palestra Ginnastica fiorentina Libertas e il Club sportivo Firenze nasce la Fiorentina che un lustro, nel ’31, dopo la prima partita allo stadio di via Bellini contro il Pisa, avrebbe cominciato la sua gloriosa carriera al Giovanni Berta (che sarebbe stato poi ribattezzato alla caduta del fascismo Comunale e dal ’91, Artemio Franchi). Sull’altro capo di viale dei Mille, alle Cure, invece arrivava da Roma il mastro gelataio Giuseppe Cavini,che aprì inizialmente in via Borghini all’angolo con viale Boccaccio. Poi dal ’37, abbattuta l’antica villa che fece spazio al moderno condominio con gli spazi commerciali, Giuseppe trasferì qui bottega. Dove sono rimasti aneddoti nell’epica di rione: durante la guerra, stante la scarsità di materie prime e il bisogno di offrire cibo sostanzioso accessibile a tutti, Giuseppe non si periterà a vendere polenta.

Ai Cavini nel ’69 subentrarono Giorgio e Mis Fedi, cui presto si aggiunsero le figlie Susanna e Liliana; e anche qui gli aneddoti non mancano: come quello dell’eccentrico pittore Zimarelli da Trieste, forse memore delle antiche buchette fiorentine, forse avanguardista dei drive in, entrò in negozio a cavallo.

A Susanna e Liliana si sono affiancati poi i mariti Michele e Claudio: "Da mio suocero, che purtroppo è morto anno scorso, ho imparato tutto – spiega Michele Cavicchi, marito di Susanna – Il mestiere oggi è cambiato tanto: prima si faceva il gelato in maniera empirica, aggiungendo un po’ di questo e un po’ quello. Ora si seguono ricette, si fanno i bilanciamenti, si sta attenti tipi di zucchero: è cresciuta tanto la professionalità. Però è grazie a quelli prima di noi se oggi facciamo il gelato così buono".

Anche il rione è cambiato molto: "Io sono delle Cure alte, lì è rimasto quasi uguale; il vero cambiamento epocale della zona è stato il rifacimento della piazza. Prima era solo un grande svincolo e lo è ancora, però è diventata molto più bella e vivibile: ora anche al pomeriggio, quando non c’è più attività mercatale, è un luogo di ritrovo, vivace come non avevo mai visto. I ragazzi giocano a pallone, gli anziani hanno finalmente un punto di aggregazione da quando gli hanno smantellato la saletta. Certo è stata lunga: ci sono voluti già tre anni per rifarla. Poi due anni di pandemia. Ora che finalmente si vive, i cantieri in arrivo per la tramvia ci mettono preoccupazione. È vero che a noi ci sfiorano solamente, perchè dovrebbe entrare da viale don Minzoni e uscire verso viale dei Mille, ma i lavori porteranno certo disagio. Certo dopo staremo ancora meglio, ma se tanto mi dà tanto saranno i nostri figli e nipoti a beneficiarne".

E i figli sono tanti davvero: otto in totale e dei più grandi, una di Michele e due di Claudio già sono dentro. "Bisogna lasciar loro spazio, non è facilissimo come non lo è stato per noi perché noi grandi si crede di essere indispensabili ma non è vero: prima o poi bisognerà tirarsi indietro, confidiamo molto in loro. È una bella attività, divertente, si sta in mezzo alla gente".Tuttavia ancora non bastano per assicurare il servizio serale che fa vivere la piazza che al calar delle tenebre e col buco nero del sottopassaggio, diventa spettrale: "Se c’è un po’ di movimento la sera, che allontana i malintenzionati, è anche un po’ per merito nostro. Solitamente siamo gli ultimi a chiudere, forse riapremo la sera da settimana prossima ma non è detto: è difficile trovare personale; eppure fino a prima del Covid, da marzo cominciavano a presentarsi giovani candidati, tra cui diversi universitari che cercavano un lavoretto nella pausa estiva. Oggi non è più così".

Carlo Casini