Il fronte delle vertenze. Lavoro nero e partite Iva. Alla Cgil sono 700 l’anno: "Stranieri più a rischio"

Mentre dal 2015 a oggi le crisi aziendali in provincia sono state più di 115

Il fronte delle vertenze. Lavoro nero e partite Iva. Alla Cgil sono 700 l’anno: "Stranieri più a rischio"

Il fronte delle vertenze. Lavoro nero e partite Iva. Alla Cgil sono 700 l’anno: "Stranieri più a rischio"

Da Esaote al Mercatone Uno, passando per la Bekaert fino ai lavoratori del polo museale fiorentino e, ultimo in ordine di tempo, l’Harry’s Bar di lungarno Vespucci. Più di 115 fra crisi aziendali e vertenze. Quasi una media di 14 all’anno e di una al mese dal 2015 a oggi. Sono i numeri che misurano la temperatura al lavoro che manca o scricchiola fra le aziende del territorio della nostra provincia.

Ciascuna di loro, dal 2015 a oggi, si è seduta dall’Unità di crisi metropolitana, l’ex ufficio vertenze creato nel 1990 dall’allora Provincia e diventato oggi la camera di compensazione nella quale far sedere vertici aziendali, sindacati e lavoratori per scongiurare licenziamenti o agguantare ammortizzatori sociali, scongiurando la fine dei rapporti di lavoro quando possibile. L’unità di Palazzo Medici Riccardi ha seguito in 9 anni di almeno 4.156 addetti con circa 851 licenziamenti ritirati (almeno fino al momento in cui l’unità di crisi ha seguito i casi) e 362 posti salvati per un totale di oltre 1.233 posti di lavoro conservati. Ma le vertenze non riguardano solo grandi gruppi e aziende e non sono solo collettive. Spesso sono i singoli lavoratori a trovarsi in difficoltà. E lì entra in gioco il sindacato, come la Cgil. "Il nostro ufficio tratta oltre 700 vertenze all’anno, presentate sia da collettivi, sia da lavoratori singoli. Ma potrebbero essere molte di più". A dirlo è Silvio Berlingieri, responsabile dell’ufficio vertenze della Cgil fiorentina, che ogni settimana si trova in agenda nove appuntamenti da gestire su possibili cause legali che donne e uomini, fiorentini e stranieri – ma anche collettivi, come quello della Gkn – vogliono intavolare contro i loro datori di lavoro.

"È un numero molto alto – continua Berlingieri – ma c’è una fetta di controversie che non vedono la luce, perché i lavoratori non vogliono correre troppi rischi e non hanno fiducia nel sistema. Chi decide di muovere una vertenza si trova di fronte la concreta possibilità di ’bruciarsi’ nuove opportunità di assunzione altrove, in quanto tra imprenditori si parlano e in pochi si fidano di chi in passato ha fatto causa al proprio capo". C’è poi la questione dei tempi della giustizia italiana e dei costi da sostenere per una difesa in tribunale. "Non tutti hanno tempo e disponibilità economica per permettersi un’odissea simile – spiega ancora il responsabile della Cgil –, quindi si decide di far decadere la questione e di cercare, anche attraverso i nostri uffici, una mediazione più vantaggiosa possibile per il dipendente. La serietà in questo settore fa la differenza".

Nel cruscotto statistico della Cgil, la categoria più colpita dalla morsa è sicuramente quella dei lavoratori stranieri. "Sono i soggetti che rischiano di più – aggiunge –, in quanto spesso sono disposti a lavorare in condizioni di irregolarità e con garanzie quasi inesistenti". Ma come siamo arrivata a questa situazione? "Un fattore è l’aumento del prezzo delle materie prime – conclude Berlingieri – molti imprenditori sono stati obbligati a comprimere i costi aziendali. E quale voce a bilancio hanno scelto di ’tagliare’? Chiaramente la forza lavoro, i dipendenti, che si trovano a fare turni più lunghi, senza però un aumento distipendio. Molti lavoratori acconsentono, altri, fortunatamente, si ribellano. Con tale quadro chi rispetta le regole rischia di non reggere sul mercato rispetto a chi evade".

Pietro Mecarozzi