di Iacopo Nathan
Il nostro viaggio tra gli artigiani fiorentini fa tappa alla storica bottega orafa Paolo Penko, che da tre generazioni porta avanti una tradizione tutta locale, guardando al futuro. A illustrarci la storia dell’oreficeria è Riccardo, figlio di Paolo, che rappresenta la terza generazione.
Penko, ci racconti
"La bottega affonda le radici nella nostra famiglia. La aprì mio nonno, inizialmente come filatelico che vendeva anche piccoli oggetti di antiquariato artistico e orafo. Piano piano abbiamo iniziato a fare sempre più creazioni, fortemente legate alla città e ispirate all’arte fiorentina. Da cose semplici a gioielli che possono raccontare la storia della nostra città. Ci piace raccontare Firenze. Giusto per citare alcune realizzazioni, abbiamo creato la corona di Cosimo I dei Medici in occasione dei 450 anni dall’incoronazione, insieme allo scettro. Per la prima volta abbiamo realizzato la montatura del diamante Il Fiorentino, e quello era un sogno di mio padre".
Possiamo dire che la vostra arte rappresenta la storia di Firenze?
"Da sempre ci siamo fatti ispirare dai maestri della storia di questa città. Facciamo gioielli che mostrano l’arte di Botticelli, del Ghirlandaio o di Donatello, solo per citarne alcuni. Naturalmente non possiamo non ricordare il Fiorino d’Oro che produciamo da tanti anni. Altra opera di cui andiamo fieri come per esempio la corona del Marzocco, che anche quest’anno verrà esposta in piazza della Signoria. Uniamo cose moderne a cose riadattate. Ci piace essere degli ambasciatori della storia, dell’arte e del gusto fiorentino".
Com’è cambiato il lavoro?
"Nei nostri piani c’è quello di rimanere sempre al passo con i tempi, cercando di essere contemporanei e attenti a quello che succede. Da sempre la nostra bottega produce gioielli in oro e argento, ora io e mio fratello stiamo cercando di lanciare collezioni nuove. Vogliamo mantenere la nostra unicità, ma adattarci ai tempi che corrono, facendo forza su quello che abbiamo imparato negli anni, dai valori della famiglia alla ricerca della bellezza".
Ci sono sempre meno botteghe a Firenze. Perché? E come si può invertire la tendenza?
"Sicuramente adeguarsi ai tempi è una delle cose principali per tenere attiva un’attività. E non si tratta solo di idee, ma anche nei modi di porsi. Noi diciamo sempre ’parola d’ordine mai lamentarsi’. Ci dobbiamo porre cercando di dare sempre messaggi positivi, l’artigianato deve uscire dal guscio del suo banchino. E poi la cosa più importante è la formazione, che da sempre è la chiave dell’artigianato. I giovani sono la vera risorsa. Noi teniamo sempre a bottega qualcuno che possa imparare da noi, anche ora abbiamo una ragazza che sta facendo un tirocinio. Tutto deve partire da una forte motivazione e dalla volontà di imparare, unita all’esempio che i vecchi maestri possono dare".