ERIKA PONTINI
Cronaca

I segreti del padrino. Fissato il giorno dell’interrogatorio. E’ morto senza parlare

I pm Tescaroli e Turco volevano sentirlo il 18 ma il legale aveva proposto i giorni tra il 25 e il 30 settembre nel reparto detentivo dell’ospedale dell’Aquila dove era ricoverato .

Avevano provato a fissare l’interrogatorio per il 18 settembre. Quando già le condizioni di salute di Matteo Messina Denaro volgevano al peggio: d’altronde, era dal giorno del suo arresto, il 16 gennaio, che il boss aveva le ore contante e ripeteva di essere stato catturato proprio per quello: il cancro al colon al quarto stadio. Quasi certamente l’ultimo padrino di cosa nostra non avrebbe risposto ai procuratori aggiunti di Firenze, Luca Tescaroli e Luca Turco che indagano sui mandanti esterni delle stragi e ipotizzano un ruolo in capo anche a Marcello Dell’Utri (già indagato con Silvio Berlusconi) ma, a quell’appuntamento, non sono mai arrivati.

Ma per quel giorno l’avvocato Lorenza Guttadauro, difensore di Messina Denaro, aveva negato la disponibilità del suo assistito spiegando - secondo quanto si è appreso da fonti investigativi - che comunque le condizioni sanitarie gli avrebbero consentito di rispondere, qualora avesse voluto, invece che avvalersi della facoltà di non rispondere. La data indicata dalla difesa era tra il 25 e il 30 settembre: farlo parlare sarebbe stata comunque una strada tutta in salita. "Non mi farò mai pentito". Aveva detto nei primi faccia a faccia con i magistrati siciliani. E’ morto poche ore prima che i pm potessero arrivare nel reparto detentivo del carcere di L’Aquila dove il capomafia era ricoverato dopo l’ultimo intervento, per un tumore al colon giunto al quarto stadio. Venerdì scorso è entrato in coma farmacologico e non si è più svegliato.

Nella tomba si è portato tanti segreti della storia nera d’Italia, alcuni che coinvolgono proprio le indagini in corso a Firenze sui rapporti mafia-politica e sul perché venne decisa la strategia del terrore con le autobombe a Roma, Firenze e Milano mentre non fu portato a termine l’attentato (gennaio ‘94) ai carabinieri in servizio all’Olimpico.

Messina Denaro infatti era stato condannato all’ergastolo anche per l’attentato dei Georgofili nella notte tra il 26 e il 27 del ‘93, che sterminò la famiglia Nencioni, custode della Torre de’ Pulci: la mamma Angela Fiume, il padre vigile urbano, Fabrizio Nencioni e le piccole Nadia di 9 anni e Caterina, appena 50 giorni. C’era il capomafia di Castelvetrano nella cabina di regia, insieme al gotha di cosa nostra, quando si decisero a tavolino gli obiettivi da colpire, anche avvalendosi di foto e depliant turistici e, in quelle successive all’arresto nel gennaio del ‘93 di Salvatore Riina, in cui i boss si confrontarono sulla necessità di portare avanti la minaccia allo Stato a suon di bombe.

Nel gennaio scorso i carabinieri del Ros che arrestarono Messina Denaro, mentre entrava nella clinica La Maddalena di Palermo, dedicarono proprio a Nadia e alla sua ultima poesia, ‘Tramonto’ la cattura del boss.

Adesso con la sua morte restano senza risposte tante domande e intrecci difficili da dipanare.