Guidi, il re dei matrimoni vip. "Vi spiego come si vende un sogno"

Da 70 anni in azienda: "Senza passione e disciplina non c’è successo"

Guido Guidi con Tommaso e Matteo

Guido Guidi con Tommaso e Matteo

Firenze, 14 luglio 2018 - «Il matrimonio più particolare? Di certo lo dobbiamo ancora fare: e quelli passati li ricordiamo con affetto. Non esistono ricevimenti di serie A o B . Vogliamo solo che chi ci sceglie possa vivere il suo sogno e che solo questo ricordi: e non il risotto».

Settant’anni di lavoro dietro le spalle e non sentirli: Guido Guidi a Firenze vuol dire catering, matrimoni e nuove idee. «Vendiamo un sogno», dice sorridendo.

Guidi, famoso anche per il terrore che incute a chi lavora con lei: così seria la materia cucina?

«Sul lavoro sono severo, perché la cucina è soprattutto disciplina. Dietro un piatto c’è la passione. E se lo fai a casa per gli amici o per le persone a cui vuoi bene, può essere anche una cosa divertente. Ma cucinare per lavoro è impegnativo: la cucina italiana e straniera debbono essere analizzate e spiegate nel dettaglio dal punto di vista storico, tecnico e nutrizionale. A chi ci chiede dobbiamo delle risposte precise».

Lei ha inventato matrimoni vip, incredibili e coreografici....

«Uno su tutti: penso a quello indiano per mille persone che ho organizzato a Vienna. Una situazione che per capire la devi vivere: sono stati sei mesi pazzeschi per organizzazione, la cura dei dettagli, condividere richieste, gli incontri. Il segreto è che quello che fai in cucina, lo devi vivere, e alla fine fai parte del matrimonio anche tu».

Come considera l’apertura a cibi come cavallette o stranezze simili?

«Di sicuro porsi dei limiti è sbagliato. La bellezza della cucina, la cosa che la rende affascinante, è che è in continua evoluzione. Cambia con il variare delle mode, delle esigenze, dei differenti stili di vita. Un tempo era impensabile ritrovarsi a mangiare sushi più spesso che la pizza, e invece ora succede».

E lei a cosa mira ?

«A una rivalutazione dei prodotti base della produzione toscana. La nostra filosofia è ripartire dai criteri della produzione per la ristorazione in autonomia totale, nel rispetto di quello che è il ristorante stellato».

Collaborazioni d’autore?

«Certo, con nomi come Giorgio Pinchiorri, Lorenzo di Forte dei Marmi e Cracco. Chef stellati che firmano i nostri menù su tutto il territorio nazionale. Abbiamo voluto un’escalation: livelli di alta qualità per ripartire da investimenti e dare respiro alla ristorazione e al catering. E tutto questo muovendoci da Firenze, promuovendo la nostra tradizione».

Com’è lavorare con tre figli?

«E’ un valore aggiunto. Se non ci fossero loro, mi sarei messo a vendere giornali agli incroci delle strade. E’ un impegno costante e anche la prosecuzione di scelte fatte mezzo secolo fa. Sono stato uno dei primi in Italia a intravedere un futuro del catering. E quando nessuno ci pensava, io lo avevo già in testa».

Non mi ha detto dei figli.

«Ho iniziato da una famiglia, la mia con tre figlioli piccoli. Adesso siamo quattro famiglie perchè ognuno ha la sua. Si vede questa evoluzione e il nostro salto di qualità. Spero che possano mantenere tutto questo in un futuro. Ma so che sono bravi figlioli. E lavoratori».

Il salto di qualità?

«Lo dà la gavetta: guai a non farla. Matteo, Tommaso e Giacomo operano nell’azienda da diversi anni. Hanno studiato, sono diplomati e laureati poi hanno ritenuto di entrare in azienda in ruoli differenziati e si compensano anche perchè per fortuna vanno d’accordo. La loro realtà è il futuro».

Prevede altri passaggi generazionali?

(ride) «Ho un nipote di sei anni, Niccolò: speriamo di vestirlo presto da cameriere».

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