
di Iacopo Nathan
Può un quartiere, con la fama di essere mal frequentato tanto da ricevere addirittura negli anni Ottanta il poco gratificante nomignolo di Bronx fiorentino, rinascere come una vera e propria comunità all’interno di una città-giardino?
A quanto pare si, visto l’esempio dell’Isolotto vecchio, caposaldo del Quartiere 4 allargatosi a dismisura negli ultimi decenni. Già perché guai a confondere questa zona, con un’identità fortissima, con tutta l’area che va dal viale Talenti in poi.
Il rione vecchio vero e proprio è quello tra il lungarno dei Pioppi e via Torcicoda, dove c’è una comunità forte e radicata. L’unione, probabilmente, è dovuta anche al fatto di essere una zona nata tutta insieme, quando nel 1954, l’allora sindaco Giorgio La Pira, nel ‘54 distribuì le chiavi dei primi alloggi.
"Dopo un periodo complicato a cavallo degli anni Ottanta, dove si sparse in tutta la città il problema della droga, la comunità ha lottato per diritti e servizi, riuscendo sempre ad ottenerli, in modo da migliorare costantemente la qualità della vita nel quartiere" spiega il presidente del Quartiere 4 Mirko Dormentoni.
Negli anni all’Isolotto si è creato un forte senso di appartenenza e multiculturalismo, un mix che ha creato un tessuto sociale molto forte. "L’Isolotto vecchio è diventata una zona molto ricercata, le case costano come al Campo di Marte, proprio perchè ci si vive davvero bene - prosegue ancora Dormentoni – La tramvia di 11 anni fa è stata la ciliegina, che ha collegato il quartiere con il centro storico".
Il fiore all’occhiello è senza dubbio la nuova piazza del quartiere, integralmente pedonalizzata e ristrutturata, per una cifra vicina ai 3 milioni di euro, una delle più alte mai spese per una periferia fiorentina.
Anche in estate, quando il caldo torrido si abbatte sulle rive dell’Arno, la comunità del quartiere continua a frequentarsi, avendo come punto di riferimento il giardino delle mitiche “Baracche verdi”.
E facendo un giro per il centro, questo senso di unione e appartenenza è assolutamente palpabile. C’è il signor Italo, cuoco delle cene e dei pranzi organizzati, che vedono sempre una grande partecipazione di residenti, che scherza e prende in giro i giovani che giocano a carte. Il sorriso è sempre stampato in faccia, tutti stanno allo scherzo, felici di stare insieme.
"Abbiamo lavorato tanto per avere uno spazio che potesse abbracciare tutti in un clima di felicità e serenità. – racconta – Dovreste vedere quando facciamo le cene tutti insieme, ci divertiamo, balliamo, mettiamo la musica, facciamo le battute. È bellissimo. E purtroppo con il Covid non possiamo fare molto, ma da settembre abbiamo in mente tante cose".
Un’altra realtà assolutamente viva e florida è quella del Centro educativo popolare, gestito adesso da Marco Benvenuti. Una vera e propria eccellenza del quartiere, nata dopo la famosa Comunità dell’Isolotto di Enzo Mazzi.
"Siamo una comunità viva, attiva e fortemente associativa. Funzioniamo anche come archivio del quartiere. Abbiamo tante attività in porte, sia per l’estate che per i prossimi mesi, quando ricorreranno i dieci anni dalla scomparsa di Mazzi. Mostre, eventi e anche un libro sulla Comunità dell’Isolotto".
La parrocchia è un altro punto di riferimento importantissimo per tutta la zona. Intorno ad essa gravitano tanti eventi rivolti a tutta la comunità. Un esempio su tutti sono le compagnie teatrali create e dedicate per i ragazzi del quartiere.
Certo non stiamo parlando dell’Eden. Intorno al nocciolo del vecchio rione insistono tanti problemi comuni alle periferie fiorentine. C’è spaccio, ci sono episodi di piccola criminalità, ci sono marginalità difficili da riassorbire. Ma negli anni, appunto, il centro gravitazionale dell’Isolotto vecchio – sempre più virtuoso – sta contribuendo a dare una scossa positiva all’intera circoscrizione.
Con una comunità forte e unita, anche l’essere in periferia non diventa quindi più un fardello, ma anzi un valore aggiunto nel vivere una Firenze meno faticosa e più ’umana’, un elemento da completare con la convivialità e lo stare insieme, magari al bar della piazza, o giocando a carte all’ombra di un pino nei giardini pubblici, rinfrescandosi con una fetta di cocomero dello storico chiosco sulle rive dell’Arno.