
Graffiti a Firenze
Firenze, 10 gennaio 2020 - Dalle periferie più scalcinate ai centri storici blasonati Unesco, dalle saracinesche dei negozi ai cortili delle scuole, le nostre città sono flagellate indistintamente sia tag degli artisti arrabbiati che dagli scarabocchi dei turisti imbecilli. Monumenti, mura storiche, campanili, subiscono continuamente l’atavico quanto disgraziato desiderio di lasciare un segno del proprio passaggio: cuori e iniziali incise sulla pietra serena, nomi e date scritti a pennarello indelebile su marmi bianchi. E poi improbabili murales sulle facciate dei palazzi, imbrattature alle entrate e uscite dalle stazioni ferroviarie,. Il degrado urbano – a volte vera e propria devastazione – ha un costo sociale altissimo. I numeri dicono che ogni anno le più grandi città italiane spendono decine di milioni per ripulire le facciate dei palazzi.
Possibile andare avanti così? Se lo è chiesta La Nazione, che continua a ricevere denunce, lettere, foto, email dei lettori che segnalano il vandalismo vicino casa, sulla strada del lavoro, accanto al supermercato. Un’allerta civica che contrasta con la sconsideratezza di chi imbratta, ma che fa capire come sia possibile intervenire per un’azione corale e condivisa fra più soggetti. Per questo, proprio da La Nazione è partito ieri un patto anti degrado, con una tavola rotonda che è stata una sorta di sfida al graffito selvaggio.
Al fianco della direttrice Agnese Pini, partner e illustri compagni di viaggio, quali il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt; il Comune di Firenze con l’ assessore al decoro urbano Alessia Bettini; Paolo Salvadeo direttore generale El. En. Group, specialisti del laser; Ramiro Baldacci delle Poste Italiane e Giorgio Moretti, presidente Fondazione Angeli del Bello.
«Non possiamo tollerare che chiunque possa mettere uno scarabocchio sui nostri monumenti. Chi è un vero street artist deve trovare altri spazi», ha detto Schmidt. La campagna parte da Firenze, ma abbraccia tutte le città in cui viene venduta La Nazione, dall’Umbria a La Spezia, tutti i paesi e i borghi dove ci sia un pieve antica da difendere, ma anche un muro nuovo da non sporcare. Ben vengano quindi le segnalazioni. Ma al contempo anche i contributi ad affrontare un fenomeno che ben sappiamo non essere solo degrado. Mentre diamo idealmente una mano a ripulire le scritte sui muri, c’è una domanda che ci dobbiamo porre: cos’è che distingue l’arte dallo scarabocchio? Siamo capaci di leggere l’altra faccia della medaglia e capire che i graffiti non sono sempre vandalismo? E come incanalare l’energia degli street artist? La questione è complessa, perché la Street art ha radici nobili quanto profonde.
Da Basquiat all’ormai mitico Banksy sappiamo che si tratta di artisti scomodi, perché non amano raccontare il bello, ma la vita, che spesso bella non lo è. Sono la voce a colori dei conflitti sociali, delle prevaricazioni, delle ingiustizie del nostro tempo. E i loro “segni“ sono una vera espressione artistica. La campagna anti graffiti parte da queste considerazioni, cercando di separare il grano dal loglio, per lasciare i giusti spazi alla vera street art, senza giustificare chi invece è sono un vandalo con la bomboletta in mano.