Sotto la direzione di Eike Schmidt, gli Uffizi non hanno mai esposto, proiettato o concesso spazi di visibilità a loghi o brand commerciali all’interno dei propri spazi, al contrario di quanto avvenuto nell’ambito della vicenda degli sponsor non autorizzati sui monumenti, tra i quali il Ponte Vecchio con porzioni della facciata esterna del Corridoio Vasariano. La precisazione – ci scrive la direzione degli Uffizi – è necessaria in quanto negli articoli dedicati nelle edizione di oggi da QN e da La Nazione si istituisce più volte una correlazione forzata e scorretta tra quanto avvenuto nell’ambito delle proiezioni del festival F-Light e la presenza, nel luglio del 2020, dell’imprenditrice digitale Chiara Ferragni alla Galleria, definita "testimonial degli Uffizi, con i suoi innumerevoli brand spalmati addosso".
In questo caso come in tutte le altre occasioni analoghe gli Uffizi hanno contrattualmente escluso l’esposizione di marchi, loghi e nomi commerciali negli spazi del museo: una eventualità del genere non è mai stata prevista e non è mai avvenuta. Lungi dal criticare il preziosissimo supporto dei privati nel campo dei beni culturali e le importantissime sinergie tra pubblico e privato nella promozione del territorio e dei suoi prodotti (lo provano le numerose collaborazioni e attività in questo senso avviate negli ultimi anni), le Gallerie degli Uffizi sottolineano però come questo tipo di rapporto non possa tradursi nella bruta trasformazione di un bene culturale unico al mondo in una sorta di schermo pubblicitario. Per così dire, est modus in rebus: il “modo” che ha scatenato la polemica su F-Light è gravemente sbagliato ed ogni accostamento con iniziative intraprese dal museo è da respingere con forza e considerare fuorviante e infondato".
Nessuno ha messo in dubbio il corretto operato della direzione degli Uffizi. Ma è indubbio che l’attività della regina delle influencer, Chiara Ferragni, rappresenti l’emblema delle nuove modalità comunicative di promozione commerciale.
Cri. P.